Mentre la Fiat diserta il tavolo sulla sicurezza, il suo presidente incontra Veltroni e plaude al suo programma elettorale Domani a Torino l'Assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici del Prc, messa «a disposizione de la Sinistra l'Arcobaleno»
di Anubi D'Avossa Lussurgiu
La campagna elettorale è iniziata: in realtà da tempo, ben prima della firma apposta dal presidente della Repubblica al decreto di scioglimento anticipato delle Camere. La campagna elettorale del centrodestra, soprattutto del leader di sempre Silvio Berlusconi, addirittura non è mai finita, da quella scorsa del 2006. E la campagna del Partito democratico guidato da Walter Veltroni è iniziata dal momento stesso della sua formazione, anzi dal momento stesso dell'elezione con le primarie del segretario.
Quelle che mancano ancora sono le candidature. Ed è per questo che, dai giorni scorsi e per le prossime tre settimane, esse rappresentano il maggior assillo delle grandi leadership. Soprattutto del Cavaliere che, dovendo affrontare ad un tempo la sfida "solitaria" veltroniana e le pressioni degli altri «soci fondatori» per delimitare l'alleanza, deve provvedere di persona a garantire i «micro-organismi», non ultimo l'inventore della definizione, Mastella, perciò incontrato ieri.
Per parte sua Veltroni ha meno problemi, o meglio ne ha di altri. Cercando di slanciarsi nelle vesti dell'Obama italico, ha tre giorni fa comunicato il più interessante dei suoi pensieri ispirati, quello di candidare «operai e precari». Poi però ai giornali sono giunte voci di ben altro assillo del Pd: l'arruolamento di Luca Cordero di Montezemolo, che lavora ai vertici della catena di montaggio degli utili padronali, come presidente della Ferrari, della Fiat e della Confindustria.
E' stato proprio lui, Montez, il primo ad applaudire ieri il programma elettorale veltroniano: forse perché è stato anche il primo ad averlo letto. Ma questa è una battutaccia: in verità se l'è fatto spiegare proprio da Veltroni, con lui appartatosi dopo averlo incontrato alla presentazione del libro Cowboy democratici di Maurizio Molinari. E' dopo tale colloquio che Cordero ha esternato: «Abbiamo parlato del programma del Pd, che a noi interessa molto». A noi, che non è un plurale maiestatis . Poi, naturalmente, il presidente della Confindustria ha messo le mani avanti rispetto a qualsiasi sospetto di partigineria - e pour cause - : «Vediamo tutti - ha detto - aspettiamo che si materializzino i programmi». Ma ha comunque confidato: «Siamo anche in contatto con il responsabile del Pd (per il programma, ndr ), Morando». Quanto alle suggestioni statunitensi in argomento nell'occasione di ieri, Montez ha solo concesso questa lapidaria ed esemplare sentenza: «Cambiare per crescere credo che sia un tema fondamentale nel nostro Paese, così come cambiare per essere migliori lo è negli Stati Uniti». Noi, di migliorare non s'ha speranza: al massimo si può "crescere", ovviamente nella misura dei profitti.
Come sia possibile farsi apprezzare dagli «operai della Thyssen Krupp», pure citati da Veltroni giorni prima, e da quest'altro punto di vista (in effetti raccolto in colloquio riservato prima della presentazione del libro, visto che ritardava proprio per un guasto all'allarme antincendio...), sembra essere la scommessa veltroniana. C'è solo da annotare che in una delle sue tre qualità presidenziali, quella che lo vede a capo della Fiat, lo stesso Montez si era appena reso responsabile dell'assenza del suo gruppo industriale dal tavolo convocato al Ministero della Salute per la verifica dell'applicazione della legge 123 del 2007: che è quella per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Anyway , tanto per restare in tono, ogni campo politico ha i suoi problemi e i suoi imperativi: e certo sono diversi quelli della sinistra che, come Veltroni si è premurato di chiarire bene, è tutt'altra cosa dal Partito democratico. E che di imperativi ne ha uno principale: aprire lo spazio per costruire, anzitutto socialmente e culturalmente, l'opposizione del prossimo futuro in questo Paese. Così, se è pur vero che quanto ad affanni elettorali anche il nuovo esperimento unitario delle forze di sinistra non ne ha pochi sotto il suo arcobaleno, le sue tappe sono appunto diverse. Non dev'essere proprio un caso che, esattamente all'indomani dell'odierno svolgimento del confronto formale con il Pd, il primo appuntamento sarà l'assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori del Prc-Sinistra europea, convocata a Torino: e proprio davanti allo stabilimento della Thyssen Krupp teatro del rogo letale per sette operai.
Un tempo si sarebbe detta "conferenza operaia", quella che Rifondazione comunista tiene domani. Però in questa quando si dice «lavoro» si specifica «quello operaio», sì, ma anche «dei call center, dell'agricoltura, dell'industria e dell'edilizia, del pubblico impiego e dei servizi, delle false partite iva»; e si conclude con «quello precario». E quando si evoca l'esempio dell'orrore della Thyssen Krupp, si parla di «una grande fabbrica» ma anche della «potente multinazionale» che la possiede, di delocalizzazione, della «notte, che non è fatta per lavorare», di «dodici ore consecutive in fabbrica»; e si conclude «non è questo il lavoro che vogliamo». E tutto ciò lo si mette «a disposizione di un soggetto nuovo, unitario e plurale: la Sinistra l'Arcobaleno».
Da qui si comincia. Come si comincia da altri grandi nodi, che sono nella vita di ognuna e di ognuno e che sono sfumate nel polverone della crisi. La civiltà dei diritti e l'autoderminazione delle persone. La questione ambientale e la difesa della Terra. La pace nel mondo e la costruzione d'una Europa per la pace. La questione morale e la trasparenza della democrazia. Sono le sfide che gli altri campi politici non possono e non vogliono riunire e sulle quali non possono e non vogliono impegnarsi: per questo, sono le sfide della sinistra.
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