sabato 9 febbraio 2008

Il senso della sinistra

da Il Manifesto 8/02/2008
Gabriele Polo

Il centro(sinistra), cioè il Pd e la sinistra, cioè la cosa rossa(arcobaleno), andranno divisi a contrastare l'annunciata vittoria elettorale di Silvio Berlusconi. Più che un bene o un male è l'inevitabile esito di un'esperienza fallimentare di governo e di due mondi che hanno convissuto per un paio d'anni da separati in casa. E', anche, il risultato di un antiberlusconismo tutto concepito in chiave istituzionale, senza mai affrontare i nodi dell'autobiografia nazionale che ha stravolto l'Italia, dagli anni '80 a oggi. E che ora si appresta a normalizzare e rendere strutturali le pulsioni più grigie del paese. Diciamo allora che questo marciare divisi è un'operazione di verità, in cui è bene che ciascuno faccia la sua parte e giochi le proprie carte, pensando al futuro ma senza dare per chiusa (a destra) la partita elettorale. Veltroni lo farà con la logica del contenitore omnibus. Vedremo poi come userà i (tanti) voti che raccoglierà e se avrà il coraggio di evitare le trappole berlusconiane, come - invece - non ha fatto negli ultimi mesi, schivando il trabocchetto della «legislatura costituente», che implica già da subito un atteggiamento «gentile» nei confronti dell'avversario. La sinistra, invece, appare più incerta, pur essendo chiamata a una sfida persino più grande, cioè a rifondarsi non solo con un'alleanza elettorale ma con un'operazione culturale e politica che costruisca le basi di un'alternativa possibile al luogo comune del capitalismo (più o meno compassionevole) come stato di natura. Insomma, deve ridare un senso alla propria esistenza.
Rifondarsi in campagna elettorale è operazione ardua. Sulle elaborazione prevale inevitabilmente la propaganda, sulla riflessione il chiasso. Però un'operazione costituente (questa sì) andrebbe fatta, per evitare - almeno - che la Sinistra/l'Arcobaleno si riduca a un'episodica esperienza elettorale. Ed essendo già nel tunnel del voto è inevitabile che diventi centrale il modo in cui si formeranno le liste.
Le premesse non sono splendide. La fretta ha portato alla designazione di un candidato leader deciso in una stanza. E va bene. Ma almeno ci si risparmi lo stessa prassi e la deriva del manuale Cencelli (edulcorato da qualche illustre «indipendente») per i candidati a camera e senato. Poiché in questo caso il metodo è sostanza. Se la «cosa rossa» vuol avere un futuro non può che aprire le proprie porte, far «nascere» i candidati «dal territorio», attraverso assemblee aperte e decisioni trasparenti. Si dice di voler «rappresentare» le istanze della società «sotto botta»: sarebbe paradossale se, di fronte a un Veltroni che ingaggerà un po' di tutto, compresi molti non professionisti della politica (dai montezemolini ai loro operai), la sinistra si presetasse agli elettori con pacchetti chiusi in puro stile partitico. Un metodo inverso, aperto, ridarebbe un po' di valore alle pratiche democratiche, portando energie, esperienze e intelligenze che aiuterebbero anche un rinascimento politico, culturale: un senso.

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