martedì 15 gennaio 2008

I padroni: pochi soldi più lavoro. I sindacati: proposta inaccettabile

Brusco stop alla trattativa per il rinnovo del contratto metalmeccanico. Federmeccanica si presenta con 100 euro di aumento in due anni e vuole mani libere sull'orario.

Fiom, Fim e Uilm abbandonano il tavolo. Rinaldini: "Un nuovo documento o per noi la trattativa finisce qui".

di Andrea Milluzzi

Tutto e subito. Federmeccanica fa tre passi indietro e torna alla posizione iniziale: se si deve fare il contratto nazionale dei metalmeccanici si fa alle loro condizioni. Che, tradotte semplicisticamente in slogan, suonano più o meno così: pochi soldi di aumento per più ore lavorate. Molte più ore. Fino a 48 alla settimana, con concessioni sui sabati lavorativi (adesso sono 4) e magari anche sulla domenica. In nome di quelle "mani libere" sull'orario che per gli industriali è un «elemento irrinunciabile» nel solco della flessibilità lavorativa che da tempo invocano. Fanno così in tutta Europa, non capiscono perché non possano farlo loro in Italia. Peccato che in cambio il direttore Santarelli e compagnia abbiano offerto ben poco, così poco che Fim, Fiom e Uilm hanno rotto le trattative. «Con il testo che ci hanno presentato oggi (ieri, Ndr) la trattativa per noi può considerarsi chiusa. O presentano un altro testo o per noi finisce qui» è uscito nelle agenzie con queste parole il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini. Ma è bastato aspettare un'oretta perché le parti si allontanassero ancora di più, quando Santarelli stesso in una pausa dell'incontro di ieri nella sede di Confindustria ha fatto sapere che «Federmeccanica non proporrà un altro testo. Le nostre proposte sono quelle, si possono negoziare ma non presenteremo un altro testo».
O bere o affogare insomma. Ma di liquido amaro da mandare giù ce ne sarebbe troppo. Cento euro di aumento medio su 24 mesi senza la destinazione di un terzo dell'aumento alla produttività; un tetto di 48 mesi nel caso si passi da un contratto interinale (massimo 36 mesi) ad un contratto a termine; la parificazione tra operai e impiegati con una compensazione per gli operai in forza, che con la mensilizzazione perderebbero 11 ore di retribuzione; un aumento dell' elemento perequativo del 50%, da 130 a 195 euro, che diventerebbe strutturale. Questo ha messo sul piatto Federmeccanica, precisando che «l'orario di lavoro per noi è un punto cruciale» su cui non si riesce a trovare un accordo. Non un gran banchetto per le decine di migliaia di lavoratori che solo 24 ore prima avevano manifestato per le strade e le piazze di tutta Italia a sostegno della trattativa. Non un gran piatto per Fim, Fiom e Uilm che lo hanno rimandato al mittente per riunirsi poi tra di loro e discutere se presentare o meno una controproposta. E per verificare se le "divisioni interne" a cui strumentalmente accenna Santarelli nella sua dichiarazione siano reali e in grado di mettere a rischio l'unità di intenti faticosamente raggiunta.

In tarda serata i rappresentanti delle tre sigle sindacali sono ancora riuniti. Perché al documento di Federmeccanica «che non favorisce il negoziato» come fa notare il leader della Uilm Antonino Regazzi, va data una risposta. Che può essere una contro-proposta, un abbandono del tavolo, un abbandono del tavolo per chiedere un nuovo incontro, una riapertura del negoziato su specifici punti. Da questa decisione si gioca anche l'unità sindacale. La Uilm è dichiaratamente per non rompere, la Fim cerca una buona idea da contrapporre alla linea Santarelli, la Fiom pure e non vuol certo restare isolata. Anche perché nella delegazione sindacale c'è la ferrea certezza di poter far leva sulle contraddizioni interne alla delegazione industriale dove, si sa, convivono due anime: una intransigente e un'altra più favorevole ad un negoziato fra le parti.
Di certo c'è che quello proposto ieri dagli industriali non basta. Né sul lato del salario, dove i sindacati hanno richiesto aumenti medi di 117 euro più altri 30 per coloro che non fanno contrattazione aziendale; né per l'elemento perequativo di cui tanto si vanta Santarelli per averlo aumentato del 50%, quando invece la richiesta sindacale era di portarlo a 4 volte tanto quei 10 euro al mese del contratto 2006. Sono esempi, sono elementi anche secondari in una trattativa che ha come basi il tentativo degli industriali di andare a intaccare l'orario di lavoro, che è da sempre nella top ten delle conquiste del mondo del lavoro degli ultimi decenni, e di provare a minare addirittura il modello contrattuale. Per non parlare poi dei salari di coloro che continuano a mandare avanti la baracca per 1.000 - 1200 euro al mese. Sono secondari, d'accordo. Ma messi tutti insieme raggiungono la soglia del sopportabile. Perché suona un po' tipo "qui comando io e a te lascio le briciole. Se proprio voglio".


(Liberazione, 13 Gennaio 2008)

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