Rinaldini: «La politica non guarda più alle condizioni concrete dei lavoratori» di Davide Varì
Mille e 300 morti sul lavoro e quasi 1 milione di infortuni l'anno in Italia - nel mondo arriviamo a circa 270milioni. Sono dati ufficiali, però; stime al ribasso. L'Inail parla infatti di altri 200mila infortuni non denunciati e quindi non contabilizzati nelle statistiche. Distratti dall'ultima emergenza di turno - romeni, rom o lavavetri che siano - c'eravamo dimenticati delle morti bianche, anzi, degli omicidi bianchi.
E' arrivata la strage della Thyssen Krupp di Torino e la morte di quei 4 giovani operai a riportarci alla realtà. Ed allora, qual è la vera emergenza? L'invasione dei rom (200mila persone circa di cui la metà bambini) o la carneficina giornaliera che si consuma sui luoghi di lavoro? Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom-Cgil non ha dubbi: «L'amnesia sulla strage di lavoratori è uno degli elementi della crisi della politica, il segno di una frattura tra le condizioni concrete dei lavoratori e delle lavoratrici e il dibattito politico in corso».
Rinaldini, ancora una volta piangiamo morti sul lavoro. Eppure, questa volta si trattava di un'azienda sindacalizzata e in mano ad un gruppo tedesco. Il fatto che quei quattro lavoratori non siano morti in un'azienda di "serie b", forse, è un elemento di maggior preoccupazione...
L'azienda ThyssenKrupp ha una tradizione, ma in questo momento si trova in una situazione particolare. E' un cantiere in dismissione e nello stesso tempo c'è l'impegno in una nuova commessa in cui l'azienda rischiava una penalità. E' evidente che, nella nota logica del profitto a tutti i costi, si è scelto di andare avanti in un' attività lavorativa che non aveva più nessuna garanzia di sicurezza degli impianti. Ed è vergognoso che a fronte di una tragedia di queste dimensioni l'azienda abbia ripetutamente chiesto di riprendere il lavoro. Un'ulteriore conferma, semmai ce ne fosse stato bisogno, dell'approccio ai problemi della sicurezza da parte delle imprese.
Insomma, la ThyssenKrupp era una "carretta". Quante altre carrette ci sono in Italia?
Non credo che ci sano tante situazioni di dismissioni come questa di Torino. Quello che è accaduto alla ThyssenKrupp fa parte di una specificità dentro un quadro più generale. Vorrei infatti ricordare che solo nella giornata di ieri ci sono stati ben 7 morti sul lavoro. Di questi, "solo" quattro alla ThyssenKrupp. Insomma, esiste un problema più generale della sicurezza che non riguarda solo le "carrette" ma un intero sistema.
In tutto questo Confindustria rifiuta di firmare un accordo che prevede un'ora di assemblea l'anno da dedicare alla sicurezza. Un'ora l'anno, non una al giorno...
Certo, e non solo questo: Confindustria dice di no anche all'aumento delle ore per i rappresentati della sicurezza in azienda. Un vero e proprio paradosso rispetto a ciò che accade ogni giorno.
Esiste o no una relazione tra la precarietà e il numero di incidenti sul lavoro?
I dati sugli infortuni parlano chiaro: è ovvio che la precarietà determina una situazione di maggior esposizione. Vorrei sottolineare che l'aggravante della precarietà si è inserita dentro un quadro più generale che è il prodotto di decenni di scelte sbagliate. In tutto questo, il lavoro ha subito un processo di totale devalorizzazione. E' evidente che esiste un rapporto tra infortuni, condizioni di lavoro, volontà delle imprese di gestire unilateralmente l'orario e le retribuzioni. Sono diversi aspetti di una logica che tende a considerare il lavoro come pura merce.
Nel frattempo esplode l'emergenza rom, l'emergenza romeni o quella dei lavavetri ma nessuno parla dell'unica emergenza vera: quella delle morti bianche. Come si fa a ristabilire la verità e riconfigurare l'agenda?
Io credo che questo sia proprio uno degli elementi della crisi della politica. Siamo di fronte a una frattura tra le condizioni concrete dei lavoratori e delle lavoratrici e il dibattito politico in corso. Quando si parla di 48 ore annue medie significa che si può lavorare anche oltre le 48 ore settimanali; oppure quando la legge vigente prevede la possibilità di eliminare il massimale giornaliero sull'orario di lavoro, decidendo di rimandare la decisione alla contrattazione aziendale - che ovviamente dipende dai rapporti di forza tra lavoro e impresa; o che in assenza di contratto si può lavorare anche 13 ore al giorno..ecco, quando parlo di quadro generale mi riferisco proprio ad atti legislativi come questi che sono stati compiuti in Europa e nel nostro paese.
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