sabato 22 dicembre 2007

Omicidi bianchi. La strage quotidiana

Ieri 5 morti, di cui uno alla Fiat di Melfi. Oggi è morto il sesto operaio Tk

di Anna Maria Bruni, 19 dicembre 2007

Salgono a sei le vittime del rogo della ThyssenKrupp. E’ morto anche Rosario Rodinò, 26 anni, ricoverato dalla tragica notte del rogo, il 6 dicembre, al Centro grandi ustionati di Genova. Incidente mortale anche nello stabilimento Fiat di Melfi, dove Luigi Simeone è morto schiacciato dal macchinario su cui stava lavorando. E crolla così anche l’ultimo bastione della fabbrica sicura. Muore anche Giovanni del Brocco, 22 anni, in un cantiere di Cecchina, vicino Roma. Muore Franco Raselli, 53 anni, schiacciato tra due carrelli in una fornace di Valenza, provincia di Alessandria. Muore Maurizio Michelon, 55 anni, che lavorava nell’arsenale di Venezia. Muore Marco Gagliardi, 37 anni, mentre lavorava ad un solaio di un centro polifunzionale di Vignola, provincia di Modena. La giornata di ieri conta anche tre feriti gravi: Alberto Legnaro, 33 anni, un tunisino di 50 anni al lavoro nel cantiere dell’ex ospedale di Monfalcone, e un operaio di origine albanese che lavora alla fonderia Forges di Cividale.

Mentre si svolgono i funerali di Rocco Marzo, il quinto operaio della ThyssenKrupp morto domenica mattina nonostante due interventi chirurgici, alla Fiat di Melfi Fim Fiom e Uilm hano proclamato per oggi due ore di sciopero in tutte le fabbriche metalmeccaniche della provincia di Potenza, con un presidio partito da mezzogiorno davanti allo stabilimento Fiat. Già ieri gli operai del reparto dove si è verificato l’incidente si sono fermati immediatamente, e subito dopo lo sciopero si esteso fino a fine turno. Le tre segreterie riunite hanno deciso ufficialmente, si legge in un comunicato, che ogni qualvolta si tornerà a verifica reuna morte sul lavoro, sarà immediatamente indetto lo sciopero in tutta la provincia interessata. E’ necessario dare il segnale che non sarà abbassata la guardia, continua il comunicato, dal momento che anche nelle aziende indicate e difese come modello di sicurezza si continua invece a morire.

Ed è proprio quanto pretende di sostenere il responsabile della sicurezza della Thyssenkrupp. “L'impianto antincendio dello stabilimento di Torino dell'acciaieria ThyssenKrupp era ed è a posto”. Queste le parole di Cosimo Cafueri, durante l'audizione in Commissione d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro al Senato. L’azienda è sotto accusa per la mancanza di un sistema antincendio ad azoto liquido nella linea 5, dove scoppiarono le fiamme, ma anche per il malfunzionamento degli estintori e delle canaline dell'acqua. Punti sui quali il rappresentante della Thyssen, parlando davanti alla Commissione, non ha mostrato dubbi: “per ogni posto di lavoro - ha detto - gli estintori vengono controllati da una ditta specializzata ogni 10 giorni”. Cafueri chiarisce poi la disposizione degli estintori: “sulla linea cinque ce n'erano 22, di cui cinque in prossimità dell'accaduto, più altri cinque a circa 20 metri”. Nelle immediate vicinanze, secondo l'azienda, c'erano anche due idranti. Ha precisato Cafueri: “Quel luogo non era ritenuto particolarmente a rischio: la dimostrazione è che sia i carrellati sia gli estintori erano 20 metri più avanti, perché lì si faceva la saldatura”.

C'è poi la questione della porta che non si è aperta la notte dell'incidente: “L'elettricista ha eliminato la corrente per evitare il propagarsi dell'incendio, ma il portone si poteva aprire con un carrello elevatore”. Tuttavia, continua Cafueri, “un vigile del fuoco, che io stesso ho sentito, ha suggerito di non farlo per non alimentare la fiamma”. Sul posto, secondo il responsabile della sicurezza, non sarebbero comunque mancati gli interventi: “Quando sono arrivato c'erano dei lavoratori intervenuti purtroppo in modo non organizzato, perché il loro capogruppo era coinvolto nell'incendio. Comunque - ha precisato Cafueri -, non stiamo dando la colpa a nessun operaio”.

Il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Gianni Pagliarini, ha reagito immediatamente. Il responsabile Cafueri "si e' palesemente arrampicato sugli specchi, ha detto, sostenendo che 'la squadra antincendio era presente' al momento dell'esplosione e giustificando in sostanza l'operato della proprietà". "Non posso fare a meno di notare - sottolinea inoltre Pagliarini - la grande distanza tra le prime dichiarazioni dell'azienda subito dopo la tragedia, visto che si era detta intenzionata ad assumersi tutte le responsabilità del caso, e le odierne affermazioni del responsabile sicurezza al cospetto della commissione d'inchiesta del Senato." Sono i fatti, al contrario, "a parlare molto chiaro": secondo Pagliarini la dirigenza ThyssenKrupp "aveva deciso da tempo di disfare il sito produttivo torinese e perciò non ha investito adeguatamente nello stabilimento e nelle misure necessarie a garantirne l'attività in sicurezza. Ciò dimostra, se ce ne fosse bisogno, che una parte del sistema delle imprese non dà il suo contributo alla battaglia contro il dramma sociale delle morti bianche".

Sono i fatti, a parlare molto chiaro: i lavoratori che hanno perso la vita, e i loro compagni, che hanno già descritto chiaramente in quale stato di dismissione versava lo stabilimento.

La procura di Torino sta intanto cercando di definire le responsabilità. Per ora gli indagati sono tre, ma alla luce di quanto sta emergendo, il quadro potrebbe essere modificato. I magistrati contano di chiudere le indagini entro la fine di gennaio.



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