sabato 24 novembre 2007

Retribuzioni. Dal 2002 al 2007 è un crollo verticale

Un indagine Ires rivela la perdita di quasi 2000 euro in un anno per il lavoro dipendente

di Anna Maria Bruni

Se serviva una ricerca a dircelo, è arrivata. Dal centro studi Ires della Cgil la nuova indagine presentata ieri sulle nostre retribuzioni “I salari dal 2002 al 2007”, troviamo la conferma a ciò che dal 15 massimo 20 del mese constatiamo nelle nostre tasche: i salari e gli stipendi non sono assolutamente adeguati al costo della vita.

L'indagine si concentra su salari e stipendi perché dai risultati emerge che quello che ‘paga per tutti’ è proprio il lavoro dipendente. Nei cinque anni presi in considerazione dalla ricerca, soprattutto gli operai hanno visto le proprie entrate alleggerirsi, nell’arco di un anno, di quasi 2000 euro: chi aveva una retribuzione pari a 24.890 euro ha subito una perdita progressiva pari a 1.896 euro. Le cause: due terzi per la dinamica inversamente proporzionale tra inflazione e retribuzioni e un terzo per la mancata restituzione del fiscal drag.

I nuclei familiari ancora una volta sono i più penalizzati, e mostrano in tutta evidenza la divaricazione tra ricchi e poveri che già l’indagine Istat sulla povertà delle famiglie italiane pubblicata ad ottobre aveva indicato. Chi stava male è peggiorato, mentre chi stava bene è migliorato. Il presidente dell’Ires Agostino Megale lo ha sottolineato nel suo intervento: “La perdita di potere d’acquisto dei redditi delle famiglie di operai e impiegati - ha detto – si contrappone ad una crescita di potere d’acquisto delle famiglie degli imprenditori e dei liberi professionisti. Con le manovre fiscali del centro-destra si è registrato un ulteriore allargamento della forbice a sfavore dei bassi redditi”.
E sono i dati a parlare: il reddito familiare di imprenditori e liberi professionisti è cresciuto di 11.984 euro, mentre quello degli impiegati è diminuito di 3.047 euro e quello degli operai di 2.592 euro.
Oltre 14 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro al mese, la metà dei quali non arriva ai mille euro.

Nel merito, fra gli impiegati generici solo l'11,9 per cento guadagna più di 1.300 euro, il 15 per cento guadagna meno di mille euro, il 24,9 per cento (cioè la percentuale maggiore) tra 800 e mille euro, il 13,2 guadagna meno di 800 euro. I salari operai specializzati seguono a ruota. Quelli che superano i 1.300 euro mensili sono solo il 24, 3 per cento tra gli impiegati di concetto.

Di tutte queste percentuali la più penalizzata, se si guarda all’età, è quella giovanile.
I giovani, fra impiegati e operai, guadagnano tutti meno di 900 euro al mese. Ovvero sono tutti sulla soglia della povertà. Un apprendista con meno di 24 anni guadagna 736,85 euro al mese, un collaboratore occasionale arriva a 768,80 euro mentre un co.co.pro o un co.co.co arriva al massimo a 899 euro.
Sempre comparando questa indagine a quella dell’Istat, si vede che il 13,7 per cento dei giovani tra 18 e 34 anni sono poveri. E la cifra percentuale è esponenziale: se si tratta di una coppia con figli i poveri sono il 45,8 per cento.

Oltre alle cause citate all’inizio, l’indagine punta il dito sul ritardo nel rinnovo dei contratti e sull’inadeguato incremento attraverso la contrattazione di secondo livello.

Il segretario generale della Cgil, Epifani, durante la presentazione del rapporto è tornato su quanto aveva già dichiarato in precedenza dopo la consultazione sul protocollo welfare. “Serve una nuova politica dei redditi – ha detto – che affronti il problema della crescita bassa, dei bassi salari e della bassa produttività”. Auspicando che da gennaio, con l’avvio della discussione sulle riforme, il tema sia affrontato con provvedimenti concreti.


Roma, 20 Novembre 2007

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