sabato 29 settembre 2007

I mille modi per truccare i quiz

da il Manifesto del 28/09/2007

A Napoli un primario va al concorso insieme a un gruppo di allievi, a Catania molti usavano penne portate da casa e non quelle uguali per tutti, e a Brescia tutti in fila alla toilette
Stefano Milani

Non solo Catanzaro, Bari e Messina. Le irregolarità dei test d'ingresso alle facoltà di Medicina e Chirurgia ed Odontoiatria investono tutto lo stivale. Da nord a sud, senza eccezioni. A dirlo sono le numerose e-mail arrivate al nostro giornale e le migliaia raccolte dall'Unione degli studenti, che le ha raggruppate in un libro bianco. A leggerle tutte si rimane spiazzati, increduli. Impossibile in poche righe raccontare le diverse irregolarità denunciate dagli aspiranti medici italiani e allora cerchiamo di schematizzarne le tipologie truffaldine. I tempi. Ritardi o anticipi dell'inizio della prova erano all'ordine del giorno durante le prove. Buste aperte. Le buste con i quesiti aperte ancora prima di essere distribuite. A chi chiedeva spiegazioni, i commissari rispondevano che la procedura imponeva questo. Assegnazione dei posti. Il sistema di assegnazione dei posti variava notevolmente a seconda delle aule. In alcuni casi il candidato poteva cambiare liberamente il proprio banco e sedersi vicino a un altro, molto spesso notevolmente più vecchio di età. Presenza di laureati. Molte le segnalazioni sulla presenza in aula di ultrasessantenni e di laureati nelle professioni sanitarie. Ciò dimostra come molte persone si siano iscritti ai test per favorire altri candidati con la loro esperienza. I bandi non permettono ai laureati di iscriversi ai test, ma non c'è nessuna formula di controllo su questo aspetto. Comunicazione. In molti casi era permesso agli studenti di poter comunicare tra loro e di entrare e uscire dall'aula del test per recarsi al bagno. Non a tutti i candidati veniva requisito il telefonino prima dell'inizio del test. Riconsegna delle buste. In alcuni casi sono state consegnate le buste ancora aperte ai commissari locali. In altri è stata fatta esplicita richiesta dai commissari di lasciare aperte le buste per eventuali controlli o verifiche della presenza di tutto il materiale. Calcolo del punteggio. Diversi studenti hanno segnalato una discrepanza tra il loro conteggio dei risultati e quello esposto in graduatoria dopo la correzione automatica.

Al test col primario
4 settembre 2007, Seconda Università di Napoli, padiglione numero 5. L'aula è affollatissima. Tanti sono i ragazzi venuti a provare il test d'ingresso alla facoltà di Medicina e Chirurgia. Per lo più diciottenni e diciannovenni, freschi di maturità. Qualcuno è poco più che ventenne, al secondo o terzo tentativo. Poi, accanto a loro, spuntano alcune «teste bianche». «In particolare c'era un signore con la barba, avrà avuto una cinquantina d'anni», racconta Alberto. «Una volta entrato nell'aula, si è guardato intorno per scegliere la posizione più strategica. Individuato il banco adatto si è seduto. Neanche dieci secondi e in aula sono entrati sei ragazzi che lo hanno circondato mettendosi nei banchi contigui al suo». La prova è cominciata e «il signore attempato ha cominciato a dispensare "consigli" ai suoi vicini di banco. Ho visto coi miei occhi diversi fogliettini passare di mano in mano». All'uscita dall'università le voci si susseguivano. «Sai chi è quel signore? Un primario, ha operato mia zia...».

La giacca dei desideri
L'Aquila è una città fredda. Tra le più rigide d'Italia. Il 5 settembre scorso però sulla città abruzzese splendeva il sole e la temperatura era mite. Tant'è che in molti si sono presentati ai test d'ingresso in maniche corte. Ma un fatto abbastanza insolito ha fatto insospettire più di una persona quel giorno. Una ragazza, seduta in prima fila, a cui un componente della commissione ha prestato la sua giacca dopo averle chiesto: «Signorina, sente freddo?». Tanti occhi hanno visto uscire dalla tasca di quella giacca foglietti «magici».

Penne di seconda mano
Le risposte alle domande dei test andavano annerite esclusivamente con le penne consegnate dalla commissione all'inizio della prova, insieme alla busta col quiz. Ed invece diversi studenti di diverse università ci raccontano il contrario. In particolare una studentessa di Catania: «Una volta scaduto il tempo, gli assistenti ritirano le penne uguali per tutti che ci avevano consegnato all'inizio e si ammassano in fondo alla mega aula magna, lontanissimi dagli studenti, credendo di averli disarmati col solo espediente delle penne. Bene: a questo punto dalle tasche spuntano altre penne nere che tutti avevano portato da casa. Comincia dunque una rumorosissima concertazione durante la quale gli studenti uniti in una minuziosissima collaborazione lottano contro il tempo per riuscire a cambiare il maggior numero di risposte prima che il loro nome sia chiamato per consegnare. Insomma chi ha anche solo 3 o 4 minuti per svolgere questa operazione riesce a cambiare tranquillamente una ventina di domande».

Tutti in fila davanti al bagno
Dall'università di Brescia arrivano segnalazioni di file sospette davanti ai bagni, a test in corso. Scrive Arianna: «L'afflusso alle toilettes per i candidati dell'aula 1, divisi per lettera alfabetica, è stato costante e poco rilevante fino alla consegna e all'apertura delle scatole. Una volta iniziata la distribuzione dei quiz in aula è stato un crescendo di impellenti bisogni».

Due pesi e due misure
Paolo ha fatto il test a Messina nel padiglione H. «Sebbene ci siano stati assegnati dei posti, alcuni studenti hanno cambiato il loro banco. Il controllore ha spostato solo ad alcuni, lasciando alcune file dove i ragazzi erano tutti vicini tra loro nonostante vi fossero dei posti liberi altrove. Durante le prova qualcuno dei signori lì presenti ha dato indicazioni ad alcuni ragazzi riguardo le risposte».

Pronto chi parla?
Centinaia gli episodi dove il cellulare è risultato essere il miglior amico del candidato. «Aiutini» arrivati via sms o direttamente all'orecchio dell'aspirante dottore tramite un auricolare. Esplicativa a riguardo l'e-mail di Claudio da Bologna: «Più che a una prova d'esame, sembrava di essere in un call center».

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