mercoledì 29 ottobre 2008

LE CONFESSIONI DI COSSIGA. ORA GIUSTIZIA PER GIORGIANA

LE "CONFESSIONI" DI COSSIGA. ORA GIUSTIZIA PER GIORGIANA

Le analogie con quanto Cossiga afferma oggi riguardo alla gestione del conflitto di piazza durante gli anni '70 non possono non riportarci a Genova. Infiltrare agenti in borghese nel movimento, provocare, creare l'incidente, far scattare la repressione. Una tecnica nota, che oggi, di fronte al dilagare delle proteste, si ripropone.
Alessandro Cardulli ha intervistato Alfio Nicotra, responsabile del dipartimento Pace e Movimenti del Prc, portavoce del Genoa Social Forum durante le giornate del G8 di Genova 2001
“Hai richiamato Genova, il G8, la morte di Carlo Giuliani, la ‘mattanza’ nelle caserme della polizia, le analogie con quanto Cossiga afferma oggi in diverse interviste in cui offre consigli al ministro Maroni su come dare “mazzolate” agli studenti, a chi manifesta, come lui fece quando venne uccisa Giorgiana Masi, 12 maggio 1977 mentre scappava sul Ponte Garibaldi, colpita alla schiena dal fuoco della polizia. Per questo ritengo che la magistratura abbia il dovere di riaprire l’inchiesta. Anche a me quando ho letto le istruzioni per l’uso, sono tornati alla mente quei giorni drammatici. Provocare, creare l’incidente, poi passare alla repressione: tecniche tristemente note che si vogliono oggi riproporre.”
Con queste parole Alfio Nicotra, della direzione nazionale di Rifondazione comunista, responsabile del dipartimento “Pace e Movimenti “, apre la nostra conversazione, sottolineando il fatto che “Dazebao” ha dato ampio risalto alla sortita di Cossiga richiamando e attualizzando i fatti di Genova. “Allora – ricorda – ero uno dei portavoce del “Genova Social Forum: Prima il capo della polizia, De Gennaro, poi il ministro Scajola, ci assicurarono che la polizia non avrebbe usato le armi. Sappiamo com’ è finita”.
Così Cossiga, poco dopo l’uccisione di Giorgiana Masi, alla Camera presieduta allora da Pietro Ingrao, dichiarò che non c’erano infiltrati nelle forze di polizia, che non c’erano agenti in borghese e che tutto era accaduto per colpa dei manifestanti. Poi cambiò versione diverse volte dicendo sempre che la polizia non aveva sparato. “ Noi – riprende – i consigli di Cossiga li abbiamo vissuti sulla nostra pelle quando il “picconatore” sedeva al Viminale.”
Ricorda che Franco Fedeli, allora direttore di Nuova Polizia, dichiarò che alcune foto riportavano immagini di persone non conosciute come appartenenti alla forze dell’ordine; che si parlò anche di Gladio, che il “picconatore” ben conosce. Le foto parlavano chiaro: c’erano persone in borghese, armate, protette da cordoni della forze dell’ordine. Quel giorno non lo abbiamo mai dimenticato, così come non abbiamo dimenticato Genova quando bisognava organizzare la repressione. Anche da altri paesi, preoccupati che prendessero ulteriore forza i movimenti che si andavano sviluppando, venivano pressioni in questo senso.”
Ora lo scenario è cambiato. Le dichiarazioni di oggi smentiscono le affermazioni di allora. “Ci avvicinano alla verità”, dice Nicotra, perciò chiediamo alla magistratura di riaprire l’inchiesta”. Foto e immagini, testimonianze anche, indicavano che la polizia aveva sparato, ma tutto ciò non fu ritenuto sufficiente per individuare il o i colpevoli. L’inchiesta per omicidio si concluse nel 1981 con una sentenza di archiviazione da parte del giudice istruttore Claudio D’Angelo “per essere rimasti ignoti gli autori del reato”.
Torniamo a quei giorni. Il 12 maggio, anniversario della vittoria referendaria sul divorzio, i radicali avevano deciso di tenere un sit–in in piazza Navona. A Roma, dal Viminale, era venuto l’assoluto divieto di tenere manifestazioni pubbliche dopo la morte di un agente di polizia durante gli scontri che vi erano stati. Per far rispettare il divieto che rappresentava un grave restringimento degli spazi di democrazia, il ministro Cossiga schierava migliaia di poliziotti e carabinieri in assetto di guerra. Raccontano le cronache e noi ne siamo testimoni, che fra le forze dell’ordine vi fossero agenti in borghese delle squadre speciali, anche travestiti da “autonomi”.
La tensione à molto alta. Si formano cortei. La polizia interviene per disperdere chi manifesta. Le cariche sono violente, vengono picchiati anche giornalisti e fotografi. I poliziotti lanciano candelotti lacrimogeni, sparano. Pochi minuti prima delle ore 20 una violenta carica. Due ragazze vengono colpite dai proiettili sparati da Ponte Garibaldi. Lì, su quel ponte si erano arroccati poliziotti e carabinieri.
Giorgiana Masi, 19 anni, studentessa del liceo Pasteur, viene colpita alla schiena. Per lei non c’è scampo, muore durante il trasporto all’ospedale. Elena Ascione, un’altra giovane, viene colpita alle gambe e se la caverà. “Questa storia, drammatica, giorni neri della Repubblica - dice Nicotra - non può finire così, nel nulla degli ignoti. Le interviste di Cossiga rappresentano una confessione in piena regola su come lui, ministro, governava l’ordine pubblico tra il 1976 e il 1978. Spesso si parla di misteri inviolabili. In questo caso può non essere così, se si riapre l’inchiesta”.

Roma, 28 Ottobre 2008 (www.dazebao.org)

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