di Toni Fontana
su l'Unità del 29/11/2007
Correva l'anno 1999, le armate di Milosevic si stavano ritirando disordinatamente dal Kosovo; la notte tra il 12 ed il 13 giugno gli italiani varcarono il confine
con la Macedonia. Urosevac fu la prima città che il lungo serpente formato dai bersaglieri della brigata Garibaldi attraversò. In quelle ore drammatiche, mentre la popolazione usciva impaurita dai rifugi, nessuno notò la presenza in città di un manipolo di 007, ben camuffati. Era la «discreta» avanguardia delle forze Usa che, si impossessarono di 1000 acri di terra situati sulla rotta del petrolio, nei pressi di importanti oleodotti.
In tre anni gli americani hanno realizzato su quelle terre al confine tra Macedonia e Kosovo, la più grande base Usa all’estero dai tempi della guerra del Vietnam. Camp Bondsteel, nei tre anni successivi, è diventato un insediamento iper-tecnologico. Qualche dato aiuta a capire le dimensioni della presenza Usa: 25 chilometri di strade interne, 300 edifici, 14 km di barriere di cemento, 84 chilometri di filo spinati, 11 torrette di avvistamento. Non mancano negozi, palestre, luoghi di culto, ospedali. Secondo i più recenti aggiornamenti la base ospita almeno 55 elicotteri da combattimento Apache e Black Hawk. La realizzazione dell’insediamento ha rappresentato un colossale affare per la Brown and Root Service, società affiliata alla Halliburton Oil, il colosso che, grazie ai buoni auspici del vice-presidente Cheney (che ne fu direttore tra il 1995 ed il 2000) si è assicurata la fetta più appetitosa nella «ricostruzione» dell’Iraq.
Brown and Root service è il maggior datore di lavoro dell’intero Kosovo. Ogni giorno fornisce 600mila galloni di acqua, corrente elettrica sufficiente per illuminare una città di 25mila abitanti, 18mila pasti per sfamare i 7-9mila soldati Usa alloggiati a Camp Bondsteel. Oltre 5mila kosovari sono alle dipendenze degli americani ed altri 15mila sono a libro paga. Questi i dati della base Usa in Kosovo che, entro il 2011 (la data è stata annunciata lunedì alla caserma Ederle) diverrà la «gemella» di quella in via di costruzione a Vicenza.
Molti e fondati sospetti aleggiano come nubi sinistre sopra il cielo di Camp Bondsteel fin da quando sono state scavate le fondamenta. Nel 2002 il commissario per i diritti umani del consiglio d’Europa, Alvaro Gil Robles, visitò la base che descrisse come «una ricostruzione più in piccolo di Guantanamo». Il quotidiano Le Monde, nel 2005, rievoca le osservazioni di Gil Robles: «Vedemmo piccole baracche di legno circondate da altre recinzioni di filo spinato e 15 o 20 prigionieri richiusi in queste casupole; erano vestiti con le stesse divise arancioni di Guantanamo». È possibile che Camp Bondsteel sia stato utilizzato come sito per le «detenzioni segrete nel quadro della lotta contro il terrorismo»? Il sospetto è più che fondato. Almeno fino al 2004 il campo è stato utilizzato per le “renditions”, i sequestri, simili a quello che ha visto protagonista l’egiziano Abu Omar (Milano 17 febbraio 2003), attuati dalla Cia. Anche in questi casi, come accadde in Italia, ciò solleva delicate questioni che riguardano anche il nostro Paese. Gil Robles afferma infatti di aver parlato con quattro prigionieri nordafricani e che i carcerieri mostrarono i documenti che giustificavano le detenzione sui quali era stata apposto il titolo «risoluzione 1244» , quella che definisce l’attuale status del Kosovo e venne approvata alla fine della guerra. Da allora il Kosovo è amministrato dall’Onu che ha dunque la giurisdizione anche sulla basi e le prigioni. In molte occasioni i dirigenti delle Nazioni Unite hanno però preso le distanze dalla pratiche in vigore nelle segrete prigioni Usa del Kosovo affermando che Unmik (missione Onu nella regione Ndr) non controlla le basi militari che sono sotto la responsabilità delle singole nazioni». Ma questa interpretazione è molto controversa ed, ad esempio, secondo fonti Osce «la prigione di Camp Bondsteel dipende formalmente da Kfor», cioè dal comando militare al cui vertice vi è stato più volte un ufficiale italiano. Le «renditions», i voli segreti, i sequestri appartengono ormai al passato? La domanda chiede una risposta nel momento un cui nuovi rischi di violenza tornano ad affacciarsi in Kosovo.
sabato 1 dicembre 2007
Il mistero della più grande base americana all’estero
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