mercoledì 14 novembre 2007

Stadio di follia Un calcio sotto ostaggio

da il Manifesto 13/11/2007
Gianni Minà

In un paese dove presunti tifosi di calcio assaltano i commissariati di polizia e le sedi delle istituzioni sportive, per rivalersi della morte di uno di loro per mano di un poliziotto, è difficile tentare una riflessione seria sulla salute civile della nostra società. Ci proverò con la franchezza che deve essere l'obbligo di un cronista che, come me, ha cinquanta anni di professione.
1- Siamo in un paese dove un poliziotto si sente autorizzato a sparare ad altezza d'uomo.
SEGUE A PAGINA 2
La versione ufficiale che viene subito divulgata afferma che si tratta di un tragico errore, che il poliziotto avrebbe sparato in aria per far smettere una rissa fra ultrà di fazioni opposte. Secondo Repubblica, il capo della polizia conosce nei dettagli prima di tutti quello che è successo. Ma parla di tragico errore di cui si dichiara profondamente addolorato accreditando però l'informazione data da tutti i media che un tifoso è stato colpito per sbaglio a seguito di una rissa fra ultrà. Secondo una logica la cui razionalità appartiene a quel genio oscuro del Viminale, con l'assenso del ministro dell'interno Amato e del viceministro Minniti, Manganelli avrebbe imposto alla Federcalcio di non fermare il campionato per evitare che Sandri appaia come una vittima della polizia paragonabile a Raciti che il Viminale ha fatto passare per vittima dei tifosi. Risultato: in tutt'Italia esplode la rivolta delle tifoserie - mai tanto solidali fra loro - e, all'opposto della decisione del Viminale, ben tre partite non saranno giocate. Ma guardiamo da vicino i fatti.
Primo: E' sin troppo evidente che l'agente ha sparato sull'auto (continua a dire : «Non ho mirato a nessuno»). Allora è diventata questa la modalità operativa abituale degli operatori delle forze di polizia? (si pensi ai diversi fatti recenti: come scrive qualcuno su uno dei tanti siti «Sempre meglio beccarsi una multa che una pallottola al culo, parola di uno che abita in zone dove non è nuovo che poliziotti sparano a persone che non si fermano ai posti di blocco vedi poliziotto che a Pozzuoli sparò a un ragazzo»). Non è forse questo il comportamento che tende a diffondersi fra molti operatori delle polizie (pubbliche e private, nazionali e locali - per fortuna non fra tutti) a seguito dell'esaltazione della «tolleranza zero»? Non è forse lo stesso modello operativo che i militari adottano in Iraq e altrove? Non si sta coltivando questo tipo di pratiche a forza di reclutare nelle polizie di stato e anche in quelle locali nonché nelle private solo i giovani che hanno svolto il servizio militare volontario? (i concorsi pubblici non si fanno più). Altro che mancanza di addestramento e di fondi, come piagnucolano certi personaggi; per la sicurezza (pubblica e privata) si spende sempre di più e l'Italia è il paese che in proporzione spreca più risorse. E dov'è il controllo democratico che dovrebbe assicurare la prevenzione di comportamenti illeciti e in particolare violenti da parte degli agenti? Al contrario, come s'è ben visto dopo Napoli e soprattutto dopo il G8 di Genova, gli autori di violenze degne di squadristi in divisa non solo non sono sospesi ma vengono promossi. Non sorprende quindi che in un contesto in cui si inneggia alla tolleranza zero qualsiasi agente zelante (se non fascista) si senta autorizzato e «coperto» nel trattare come nemico di guerra chiunque consideri fuori dalla (sua) legge.
Secondo: I ministri Pisanu e Amato nonché i dirigenti delle forze di polizia meriterebbero un premio speciale di arguzia nel governo dell'ordine pubblico. Sono comunque riusciti a favorire un evento storico: la solidarietà fra tutte le tifoserie spontaneamente unite in un'unica mobilitazione contro la polizia. Come non capire che a forza di accanirsi con misure da tolleranza zero e di criminalizzazione delle tifoserie si finiva per ottenere la rivolta generalizzata che ovviamente identifica come nemico la polizia? (che è anch'essa vittima di tale genio). Non si tratta solo di dabbenaggine nella comunicazione ma anche di un gravissimo giocare col disordine: dopo che s'è provocata l'esplosione si ordina di lasciare «sfogare i teppisti» e di fatto di far ferire gli agenti più ingenui o che magari cercano la mediazione. E' insomma il classico risultato di un governo autoritario dell'ordine pubblico che pretende di escludere la saggia negoziazione pacifica delle regole del disordine articolata con l'eventuale isolamento e repressione dei veri provocatori. E' infatti probabile che ci sia stato anche stavolta lo «zampino» dei fasci-nazi di Forza nuova magari in combutta con qualche dirigente di polizia sensibile a quest'orientamento e con qualche politicante che non rinuncia mai a giocare sporco con la speranza di mettere ancora più in crisi il traballante governo. Ma, la tattica di gestione della crisi da parte del ministero dell'interno si presta allo scontro con il sostegno di tutti i benpensanti che straparlano nei media aizzando sempre più scontri. Ecco una breve carrellata di tali perle: «orgoglio tribale degli ultras» ... ... imbarbarimento ... delirante «guerra» ... «terrorismo domenicale»... forse non è sbagliato pensare a vietare del tutto le trasferte delle tifoserie, ... la voglia matta di aggredire il «nemico» non sono gestibili da nessuna polizia del mondo, a meno di non militarizzare una volta la settimana autostrade, stazioni ferroviarie e piazze... «Il canagliume attendeva solo un pretesto per scatenare lo scempio e la bestialità che abbiamo visto». E per finire, la procura di Roma esaspera la logica ideologica della criminalizzazione: i tifosi arrestati saranno imputati con l'aggravante di terrorismo (come si sa si può applicare anche ai pacifisti e agli sradicatori di piante ogm). Eppure le polizie sanno bene come, dove, quando e chi organizza le provocazioni di forza nuova. O queste fanno comodo per esasperare ancora di più un neo-stato di polizia che certo non mancherà di colpire chiunque disturbi il disordine permanente che è utile ai neoconservatori?

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