lunedì 15 ottobre 2007

Scuola. Fioroni cede ai privati, ma gli studenti non ci stanno

150mila € promessi alle scuole private, mentre gli studenti ridisegnano la scuola pubblica
di Anna Maria Bruni

Generalizzare e consolidare i finanziamenti alle scuole private è l’obiettivo di un regolamento allo studio del Ministero della Pubblica Istruzione la cui bozza, se non subirà variazioni, permetterà di distribuire indiscriminatamente fondi pubblici alle scuole elementari paritarie. In una lettera ‘amichevole’ del ministro Fioroni alle scuole private si parla di “reperire 150mila euro”, in risposta ai tagli del governo Berlusconi (!). Il tentativo è sempre lo stesso, ma il processo per aggirare il divieto di finanziamenti allo Stato non comincia da qui, bensì dal 2000, con una legge dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer che, dando seguito alla Costituzione, stabilì i criteri per parificare l’istruzione pubblica e privata. Nel 2003 poi arrivò Letizia Moratti, che si servì del provvedimento per giustificare aiuti alle famiglie con figli iscritti nelle scuole private. Il provvedimento fece molto discutere, ma alla fine naturalmente passò. E con esso il principio che lo Stato, per promuovere la parità scolastica e per garantire a tutti un’ampia offerta formativa, dovesse investire denaro, non solo per garantire un servizio pubblico.

Cambiata la maggioranza, è l’attuale ministro Giuseppe Fioroni a compiere il passo decisivo. Con un decreto dello scorso giugno ha affermato apertamente la necessità di “sostenere la funzione pubblica svolta dalle scuole primarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione” attraverso “contributi destinati alle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado in possesso del riconoscimento di parità”. Aggirato completamente il dettato costituzionale si stabilisce che lo Stato deve assumersi l’onere di finanziamenti diretti alle scuole private. E non si può non credere al dolo, in quanto il provvedimento viene preso non attraverso nuove leggi, ma a colpi di decreti ministeriali e di interpretazioni estensive di norme già esistenti, evitando a piè pari possibili veti che non permetterebbero di tramutarlo in legge. Una lenta ma inesorabile trasformazione, di cui fa le spese la scuola pubblica.

In un decreto ministeriale dello scorso maggio, così, sono stati stanziati “alle scuole primarie paritarie (…) 19.367 euro per ciascuna delle classi”; “a ciascuna scuola paritaria secondaria di I grado (…) 4000 euro a scuola e 2000 euro a classe”. Prossimo passo, il regolamento delle convenzioni con le scuole elementari, la cui uscita è prevista per la prossima settimana. Qui come dicevamo, viene ribadita la volontà di finanziare direttamente il privato con il pretesto di garantire la pluralità dell’offerta formativa e di promuovere la parità stabilita nel 2000 dal ministro Berlinguer. Nel caso della bozza, i finanziamenti alla scuola elementare parificata, fino ad oggi destinati soltanto agli istituiti gratuiti, ora sono estesi a tutti: omettendo il vincolo della gratuità, infatti, anche se avrà rette costosissime, la scuola privata riceverà comunque i soldi dello Stato. “L’ufficio scolastico regionale – si legge all’art. 5 – si impegna a corrispondere al gestore, nei limiti dello stanziamento di bilancio sull’apposito capitolo di spesa, il contributo annuo fissato dal decreto del Ministro”. In assenza di limiti, ovunque, gli stanziamenti sono estesi a qualsiasi istituto che abbia ottenuto la parificazione.
Ma i vantaggi non si fermano qui. Oltre al denaro, infatti agevolazioni sono garantite da ulteriori omissioni. Prima fra tutte quella che riguarda la percentuale massima di precari che possono essere assunti da ogni istituto, un aspetto che richiede da anni un chiarimento definito e su cui il documento tace permettendo così che continui lo sfruttamento indiscriminato di docenti con contratti atipici, salari bassissimi, contribuiti inferiori ai colleghi di ruolo e stipendi che non coprono i periodi di ferie. Un ulteriore vantaggio che rafforzerà l’integrazione tra pubblico e privato teorizzata da Fioroni nell’ambito di “un sistema misto” in cui la scuola pubblica continua a subire restrizioni finanziarie mentre vengono moltiplicati i fondi per le scuole confessionali.

In una recente intervista Benedetto Vertecchi, professore di Pedagogia sperimentale presso l’Università Roma Tre, non usa mezzi termini per condannare questo “stravolgimento dell’istruzione pubblica”, così lo intende, sostenendo che questo è un accordo con il quale “la scuola è stata svenduta alla corrente democristiana del Pd”, che produrrà effetti deleteri perché impedirà sempre più il buon funzionamento dell’istituto pubblico, sia dal punto di vista amministrativo che dell’impegno dei docenti. Inoltre, aggiunge “io non ho mai visto privati fare la fila per finanziare la scuola pubblica”. E’ tautologico che i soldi investiti nel privato non torneranno mai al pubblico.
Ed anche in questo settore della società i diretti interessati, gli studenti, vanno in tutt’altra direzione. La manifestazione che si è tenuta venerdì scorso in 130 città ha visto 300mila studenti in piazza, e tutt’altro “programma”: più risorse in finanziaria per scuola e università, per didattica ed edilizia; una legge nazionale per stabilire un reale diritto allo studio, uno stop al numero chiuso, la possibilità di accedere al sapere e alla cultura per tutti; infine più democrazia e diritti per gli studenti nei luoghi di formazione”. Roberto Iovino, rappresentante dell’Unione degli Studenti, aggiunge che questo “è solo l’inizio, il 20 ottobre saremo in piazza contro tutte le forme di precarietà e per il libero accesso ai saperi”.

Nessun commento: