giovedì 25 ottobre 2007

Processo G8: «Sono devastatori, 224 anni di carcere»

Simone Pieranni
da il Manifesto 24/10/2007

Duecentoventiquattro anni e mezzo. Più di due secoli di pena: è la richiesta dell'accusa nei confronti dei 25 manifestanti sotto processo a Genova per devastazione e saccheggio, per i fatti del luglio 2001. Sette udienze per la requisitoria del pm, le ultime quattro interamente dedicate alle posizioni individuali di ciascun imputato. «Pene severe, ma non esemplari», secondo i magistrati Anna Canepa e Andrea Canciani. La richiesta di condanna, altissima, non stupisce: all'inizio della requisitoria i pm avevano tracciato il solco della propria analisi dei fatti. In primo luogo, aveva specificato l'accusa, l'articolo 419, ovvero il reato di devastazione e saccheggio, sussisterebbe, eccome, nonostante il suo raro utilizzo nella storia repubblicana. A Genova sarebbe venuto a mancare l'ordine pubblico, messo in crisi dalle masse di violenti. In secondo luogo, poiché tra i 25 manifestanti vi sono appartenenti a molte aree politiche presenti a Genova, non vi è differenza tra il cosiddetto blocco nero e i ragazzi e le ragazze che ingaggiarono il confronto con le forze dell'ordine dopo la carica al corteo autorizzato di via Tolemaide. Infine il comportamento delle forze dell'ordine in piazza: mentre Canepa nella prima udienza ha sottolineato lo «scontro tra bande», messo in atto da uomini in divisa e manifestanti, Canciani, nell'udienza successiva, ha ricomposto il pensiero dell'accusa. «Non ci fu caccia all'uomo», ha detto, salvo ricordare ancora ieri mattina il macello della Diaz e le torture a Bolzaneto. Per i manifestanti, però, nessuno sconto: il reato di devastazione e saccheggio prevede pene dagli otto ai quindici anni di reclusione. Per chi è stato considerato uno dei principali protagonisti degli scontri sono stati chiesti sedici anni, per altri sei. Nella requisitoria i pm hanno spinto a considerare i fatti di strada nella loro peculiarità, senza prendere in esame elementi che pure - nel corso del dibattimento - erano emersi in modo evidente: durante le giornate del G8 vennero sospesi alcuni diritti fondamentali, a seguito di una militarizzazione della città (con chiusura del tribunale e delle università), la linea di comando delle forze dell'ordine fece acqua da tutte le parti, la carica al corteo autorizzato fu uno degli innumerevoli errori delle forze dell'ordine presenti a Genova, senza considerare il fatto che anche la scelta dei reparti da inviare nel capoluogo ligure era risultata fin da subito piuttosto equivoca. Oltre ai reparti creati ad hoc (i Canterini Boys e i Ccir, i famigerati contingenti di carabinieri per gli interventi risolutivi), durante le fasi del processo è stata messa in discussione anche la preparazione all'ordine pubblico di funzionari e dirigenti poco inclini al dialogo e raramente abituati a trovarsi di fronte manifestazioni politiche corpose. Senza dimenticare l'uso di spranghe al posto dei manganelli e le rincorse e i pestaggi nelle vie genovesi da parte di poliziotti, carabinieri e finanzieri. Tutto questo per i pm non ha contato. Ora spazio alle difese, in attesa delle prima sentenza importante sul G8 genovese, prevista prima della fine dell'anno.«Chiedo a voi tutti - ha detto Canciani in aula - una volta accertata la responsabilità delle persone, di avere il coraggio di chiamare le cose che abbiamo visto con il loro nome, devastazione e saccheggio, come avremo il coraggio di chiamare massacro quello che è avvenuto alla scuola Diaz». Per i poliziotti imputati dell'irruzione alla Diaz, però, i capi di imputazione sono per lesioni, falso e calunnia e non per il «massacro», e le pene saranno molto minori nonché a rischio prescrizione: proprio dai fatti del complesso scolastico era partita la requisitoria dei pm genovesi un mese fa. Ricordando il comportamento di funzionari e agenti, i pm hanno anche fornito un assist straordinario ai legali che difendono le forze dell'ordine: Canepa e Canciani hanno citato infatti una informativa dei Ros (secondo la quale alla Diaz c'erano i black bloc), mai utilizzata nel processo, che ha scatenato polemiche e la richiesta - effettuata dalle difese - di acquisizione da parte del tribunale che giudicherà i vertici della polizia italiana per la notte cilena.

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