giovedì 27 settembre 2007

Speciale scuola tratto da "Il Manifesto"

Una scuola da tenere a galla - Un eccesso di dirigismo statale o un necessario intervento per ristabilire le priorità dell'insegnamento? Un'analisi delle Indicazioni della commissione governativa sulla scuola e una riflessione sul sapere nell'epoca della globalizzazione di Alba Sasso
La costruzione del sapere sociale è «impresa» complessa cui è destinata la scuola pubblica. In qualche modo, la scuola riflette ogni fase dell'evoluzione della società, e contemporaneamente è cassa di risonanza e camera di compensazione per tutto quello che si muove nel suo corpo, ne determina esigenze e a queste deve rispondere. Dunque scuola pubblica come vascello che è costretto per sua natura a navigare sempre su un mare in tempesta, e che difficilmente trova sul suo cammino approdi tranquilli in cui riposare. Oggi siamo ad una svolta, l'ennesima.
Appena pubblicate le indicazioni curricolari, elaborate da una commissione presieduta da Mauro Ceruti - alzi la mano chi le ha lette veramente - sono usciti sulla stampa due articoli di segno diametralmente opposto. Uno di Mario Pirani che ne esalta il carattere di ritorno al passato. «Di nuovo e finalmente c'è qualcuno che prescrive l'insegnamento di tabelline , grammatica e sintassi». L'altro, di Andrea Ichino, che lamenta invece il dirigismo che resiste. Mentre in molti paesi, aggiunge, lo «Stato si limita a stabilire requisiti e linee-guida generali, lasciando le scelte sull'offerta formativa ai singoli istituti».Ambedue gli articoli affrontano una questione decisiva e ne ignorano un'altra. Parto subito da quest'ultima. Queste indicazioni, come già quelle elaborate in anni passati (tranne la parentesi morattiana) sono nella logica della progettazione curricolare. Che è già presente nella nostra scuola. E che nasce da lontano. Dal pensiero di Dewey. E che indica alla scuola una strada: quella di articolare scelte culturali, metodologiche e didattiche per raggiungere dei traguardi, quanto ogni ragazza e ogni ragazzo deve sapere e saper fare alla fine di ogni percorso scolastico. Traguardi che non possono essere definiti dal primo che passa, nella logica del cliente, appunto. Programmi tutti uguali, nelle forme e nei modi in tutte le scuole del «regno»? Non è più così, da tempo. E piuttosto che lanciarsi in dispute tanto lancinanti quanto inutili - tabelline o informatica - è questa l'altra decisiva questione, si può cominciare a ragionare in linee generali, di cosa si deve imparare a scuola? E la definizione di queste linee generali - saperi di cittadinanza e di responsabilità - può essere affidata ai singoli, o è invece il nucleo essenziale del mandato culturale che la società affida all'educazione, la trama essenziale per costruire una fisionomia culturale e valoriale della scuola e dei cittadini di questo paese? E dei cittadini tutti. Perché in agguato è sempre l'idea - perseguita peraltro in molti Paesi e contenuta nell'idea di scuola della Moratti - di percorsi diversi con saperi forti per alcuni e saperi deboli per altri. E d'altra parte, se accettiamo la logica del cliente, compra meglio chi ha più soldi, più cultura e più potere. Dobbiamo continuare ad opporre le libertà all'uguaglianza?Combattere le diseguaglianze che, attraverso un'idea proprietaria del sapere, si possono riprodurre nella scuola e attraverso la scuola, tra coloro che hanno accesso alla competenza che conta e coloro che ne sono esclusi è o no una questione di democrazia? Perciò è indispensabile che la scuola non resti a vedersela da sola e che si sviluppi un dibattito nel paese su questi temi. Tenendo insieme la ricerca e la riflessione sulla cultura della scuola con l'idea del sapere come bene comune da garantire a ognuna e ognuno. Provando anche a ricucire quanto nel dibattito sulla scuola è sempre stato separato e diviso. La discussione sul progetto istituzionale, sul progetto organizzativo, sul progetto culturale. Si tratta, dunque, di far maturare un'operazione difficilissima: sostanziare con l'analisi e la riflessione sui cambiamenti strutturali, epocali e sociali del nostro tempo le ragioni e le finalità del sistema di istruzione e formazione, che sono anch'esse storiche, contingenti e perciò stesso ridefinibili. A partire da alcune idee e alcune domande. Sappiamo che il sapere oggi si costruisce anche a partire dalle esperienze e dalle storie di ognuna e ognuno, che deve avere come obiettivo quello di moltiplicare le prospettive conoscitive, di orientare, di fornire chiavi di interpretazione della realtà. Sapere è saper cambiare, aggiornare, trasformare. E' saper cercare, direbbe Roland Barthes. «Ogni sistema educativo - sostiene Jerome Bruner - deve impegnarsi a trasmettere ai giovani non solo le conoscenze e il know how del passato, ma anche un senso vivace di ciò che è possibile costruire per il presente e per il futuro, sulla base di quello che sappiamo». E aggiunge: «Le scuole non sono carrozzoni ambulanti che trasportano mobilia inerte da una generazione all'altra!» Come si costruisce allora un' organizzazione del sapere scolastico che non riproponga nuovi dogmatismi e nuovi assoluti? E cosa vuol dire oggi essere cittadine e cittadini istruiti? Come ragionare del profilo di un sapere moderno - un moderno corpo del reale - che si confronti con le questioni della globalizzazione, con le tensioni della contemporaneità? E il sapere per la cittadinanza, di cui tanto si parla, a quali percorsi di conoscenza fa riferimento? Come confrontarsi con culture altre, senza perdere le proprie radici, ma senza aggrapparsi arrogantemente ad esse? Come saper vivere nel presente, col bisogno che è dei giovani di immediatezza e di irriflessività, senza perdere il gusto della lentezza, della paziente riflessività? Come conciliare l'espansione straordinaria delle conoscenze con l'impossibilità degli esseri umani di assimilarle, e come costruire legami tra memoria biologica e memoria artificiale? E come utilizzare le potenzialità generatrici di apprendimento dei supporti tecnici e tecnologici, la possibilità infine di rendere studentesse e studenti organizzatori attivi, soggetti responsabili del loro percorso di apprendimento? Il documento Ceruti si interroga su questi temi. Sarebbe importante che, al di là di quanto non si condivide delle indicazioni specifiche - ma ci sarà tempo per modificarle - si sviluppi a partire dal documento e dalle indicazioni una discussione dentro e fuori la scuola. Che costruisca, come già negli anni '70, un patrimonio di elaborazione, riflessione, operatività. Questo oggi serve. Non riti abbreviati di giudizio, ma impegni di lavoro e di ricerca. E anche un po' di passione. Della scuola, ma insieme della società e della politica. Non fermiamoci, per favore, ai dettagli.
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Docenti senza contratto, si riparte - Oggi riprendono le trattative tra governo e sindacati. Tra difficoltà finanziarie e polemiche sui tagli. Sotto accusa il Libro verde sulla spesa pubblica di Padoa Schioppa e la finanziaria, che prevederebbe una riduzione di 47 mila «unità» tra il 2007 e il 2009. Con rischi per il tempo pieno
Le trattative con i sindacati che dovrebbero portare al rinnovo del contratto dei docenti scaduto ormai dal 2005 e a un adeguamento degli stipendi a livelli europei, prenderanno oggi il via tra vecchie difficoltà finanziarie. Ma anche tra nuove polemiche scatenate dalla politica economica del governo, all'origine di incidenti nell'avvio dell'anno scolastico che ha ormai preso il via in tutta l'Italia (ultima a partire sarà oggi la Sicilia, mentre ieri è toccato alle altre regioni meridionali). Il più vistoso degli incidenti è stato quello di Luca, studente portatore di handicap per il quale, a causa di tagli, non era stata prevista l'insegnante di sostegno. Il caso, sollevato da una lettera sul quotidiano La Repubblica e sul quale è intervenuto anche il ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, è scoppiato la settimana scorsa, destando i sospetti dei sindacati sulle reali intenzioni dell'esecutivo e del ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa. Sotto accusa, infatti, è finito subito il Libro verde sulla spesa pubblica, documento di 150 pagine presentato all'inizio del mese di settembre in cui il ministro rassicurava circa i paventati blocchi delle assunzioni, «in quanto il servizio pubblico dell'istruzione deve essere istituzionalmente assicurato». Affermazione che veniva però smentita qualche pagina più in là, quando si sottolineava come «per l'anno scolastico 2006/2007 non siano state previste misure di razionalizzazione con conseguenti effetti di crescita del personale». Una lacuna cui sembra ora porre rimedio la legge finanziaria che, «per effetto di specifiche misure di contenimento», prevede «una riduzione complessiva di circa 47.000 unità» tra il 2007 e il 2009.Le ricadute del provvedimento sono state immediate. E si sono abbattute sul mondo della scuola in contraddizione con i provvedimenti assunti dal ministro Fioroni, come la reintroduzione del tempo pieno, «secondo il modello didattico già previsto dalle norme previgenti al decreto legislativo 19 febbraio 2004». Tempo pieno reintrodotto in linea di principio ma che verrà assicurato «nei limiti della dotazione complessiva dell'organico di diritto determinata con decreto del Ministro della Pubblica istruzione, di concerto con il ministro dell'Economia e delle finanze». Limiti che rendono spesso impossibile l'attivazione stessa del servizio.Situazione analoga si va delineando per l'elevazione dell'età dell'obbligo scolastico dagli attuali quattordici a sedici anni. Una misura che porterà a un boom delle iscrizioni a istituti tecnici, professionali e licei, senza essere accompagnata da un aumento del numero degli insegnanti. E che svela ancora una volta la schizofrenia di un governo promotore di riforme velleitarie poiché prive di copertura finanziaria, che allarmano i sindacati ancor prima dell'inizio delle trattative. «Il governo - si legge in un comunicato di Cgil, Cisl e Uil diramato sabato scorso - è chiamato a tradurre in coerenti previsioni economiche e di assetto quanto sottoscritto con le confederazioni e i sindacati di categoria il mese di giugno. Se non dovessimo riscontrare nella finanziaria per il 2008 tutti gli impegni assunti dal governo questo significherà l'apertura di una vertenza sulla prossima Finanziaria con iniziative di mobilitazione e lotta».

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