di Grazia Paoletti *
su Aprile online del 14/09/2007
Stanchi delle discussioni sul contenitore (ma spero che il nome almeno sia chiaramente definito: SINISTRA) dovremmo avere un orizzonte con un'ottica più lunga ed ambiziosa: costruire un programma economico della sinistra, o almeno alcuni spezzoni di esso attraverso nostre proposte. E inoltre ricostruire una teoria che lo supporti, senza buttare alle ortiche il nostro patrimonio teorico e culturale esistente in questo campo, come ha pensato di fare qualcuno in nome del mercato e del capitalismo trionfante o della fine della storia, ma invece ripensandolo ed aggiornandolo, insomma dando una ripulita e rilucidata alla "cassetta degli attrezzi".
Anche perché, come si vede dagli attuali eventi relativi ai prestiti subprime, alle banche, alle borse e annessi e connessi, il capitalismo non è poi mica tanto trionfante, e non è la fine della storia. Citando Hobsbawm: "Il vecchio secolo è finito in un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto controllo"...... "Viviamo in un mondo catturato, sradicato e trasformato dal titanico processo tecnico-scientifico dello sviluppo del capitalismo, che ha dominato i due o tre secoli passati. Sappiamo, o per lo meno è ragionevole supporre, che tale sviluppo non può proseguire all'infinito...." "Marx aveva ragione. Il capitalismo avrebbe finito col segare almeno uno dei rami su cui sedeva......" "Il mondo rischia sia l'esplosione che l'implosione. Il mondo deve cambiare.... il prezzo del fallimento, vale a dire l'alternativa a una società mutata, è il buio". Vi sono tante idee da recuperare, dalle categorie alla base della distribuzione del reddito della scuola classica (profitti, rendite, salari), alla teoria dello sfruttamento di Karl Marx, fino ai marxisti del XX secolo con Rosa Luxemburg, Lenin e altri, poi l'innovazione di Schumpeter ed infine Keynes con il ruolo della domanda, quindi del consumo per generare investimenti e reddito. E' importante riaffermare questi capisaldi teorici perché oggi nelle politiche economiche prevale di gran lunga la teoria della scuola di Chicago, il monetarismo e l'economia dalla parte dell'offerta, cioè gli incentivi e le agevolazioni alle imprese che dovrebbero generare lo sviluppo. Ebbene, questo in parte potrebbe funzionare solo se i profitti fossero sempre e tutti destinati agli investimenti, senza peraltro dimenticare con Keynes che se la domanda non "tira" gli investimenti non si fanno, e la domanda si incentiva a partire dai redditi più bassi che presentano una propensione al consumo molto elevata. Ma... c'è un ma grosso come una casa: oggi a prevalere sono gli investimenti finanziari o immobiliari, non quelli in beni capitale delle imprese. A conferma, una recentissima indagine della Associazione Artigiani e Piccole Imprese (CGIA) di Mestre: le grandi imprese fra il 2000 ed il 2006 hanno investito negli immobili (diversi da abitazioni di famiglie consumatrici) anziché in macchinari: gli acquisti dei primi sono aumentati del +88,1% mentre i secondi sono addirittura scesi del -7,2%, mentre nello stesso periodo l'inflazione è aumentata del +15,1%. Nel solo 2006 gli investimenti nel settore delle costruzioni sono stati quasi il triplo di quelli in macchinari ed attrezzature varie: 218,9 miliardi di euro a fronte di 79,6 miliardi di euro. (I dati registrano i finanziamenti richiesti dalle grandi aziende alle banche secondo la destinazione economica dell'investimento.). Si è dunque privilegiato l'investimento esterno di natura speculativa piuttosto che quello interno ai cicli produttivi dell'azienda per innovare, migliorare la competitività (di cui nei convegni ci si riempie tanto la bocca!) e divenire più concorrenziali sui mercati internazionali. La CGIA di Mestre sottolinea che l'investimento in immobili degli ultimi 5 anni è stato fortemente agevolato dalla cosiddetta Tremonti bis.
Paradossalmente il capitalismo di oggi viene messo in crisi da strumenti del liberalismo classico come concorrenza, lotta alle rendite.
Dunque per la sinistra c'è molto da recuperare in termini di teoria economica e di economia politica, per dare oggi un serio fondamento alle proposte di politica economica che necessariamente, ed ambiziosamente, deve formulare come elementi per il governo del paese. Proviamo ad elencare alcuni punti di tali proposte.
-Riprendere distribuzione del reddito e teoria dello sfruttamento.
Quindi questione salariale e anche controllo del processo lavorativo e delle condizioni di lavoro (ricordiamo in proposito le lotte degli anni '70)- questione sicurezza sul lavoro, e ovviamente precarietà e lavoro nero. Al contrario oggi con la detassazione degli straordinari proposta dal governo si toglie al sindacato il controllo del processo produttivo e se ne riduce il potere contrattuale.
-Favorire la creazione di ricchezza con investimenti in innovazione e di
conseguenza lavoro, destinando i profitti agli investimenti invece che a
rendite finanziarie e speculative.
A tale proposito si può riprendere una idea sulla quale a sinistra si lavorò a fine anni 70:la detassazione dei profitti reinvestiti all'interno della azienda in beni strumentali (non in auto aziendali di lusso per i
dirigenti).
-La tassazione delle rendite finanziarie così controversa oggi va
assolutamente sostenuta.
-Tutti gli interventi di agevolazioni a pioggia non vanno bene, devono
essere condizionati a comportamenti virtuosi. E' lo stesso segretario della CGIA di Mestre Bertolussi che commenta negativamente la riduzione del cuneo fiscale: "il governo non avrebbe dovuto premiare indistintamente tutte le imprese; si sarebbe dovuto tener presente chi ha diversificato i propri investimenti in settori maturi per fare solo ed esclusivamente profitti e chi invece ha ri-immesso tutto nella propria azienda per renderla più virtuosa e più concorrenziale con l'obbiettivo di aumentare l'occupazione."
Penso che la Sinistra, con i partiti, i movimenti, le associazioni, il popolo del 5 maggio, dovrebbe fare tutta insieme uno sforzo in direzione dell'unità, e che dovremmo subito iniziare a lavorare su un programma. Io parlo di quello che è il mio mestiere, l'economia e la politica economica, ma all'interno della sinistra vi è una miriade di conoscenze che deve essere attivata, anche al di fuori delle gerarchie precostituite. Il processo è faticoso, ed ambizioso, ma è vitale. L'Associazione Luigi Longo è disponibile con i suoi componenti a collaborare in tale impegno.
* Associazione Luigi Longo
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