sabato 8 settembre 2007

Sicurezza. Ferrero: «Sinistra, non fare la destra»

Intervista al ministro della Solidarietà sociale: «Assurdo mettere sullo stesso piano lotta alla mafia e writers»

di Frida Nacinovich

Ministro Ferrero, al vertice ristretto sulla "sicurezza" per intendersi dai lavavetri alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, c'erano i suoi colleghi che si occupano di giustizia, difesa, interni e non c'era lei che lavora sulla solidarietà sociale. Perché l'hanno esclusa visto che di problemi sociali si parla?
Incredibilmente non sono stati convocati i ministri che si occupano di questioni sociali. E già questo la dice lunga sull'impostazione politica del vertice. Ieri in Consiglio ho chiesto che qualsiasi discussione veda la presenza di tutti i ministri interessati, Prodi ha assicurato che sarà così.

Al momento l'impostazione politica del governo sulla sicurezza sembra tanto chiara quanto "sbilanciata".
Ed è assurdo mettere nello stesso calderone la lotta alla 'ndrangheta e chi fa le scritte sui muri in città. Un errore madornale, che trasforma in problemi di ordine pubblico questioni che hanno a che vedere con le forme di convivenza ma che non rientrano nel circuito penale. All'inizio del Novecento il movimento operaio ha vinto una battaglia civile separando le questioni sociali da quelle di ordine pubblico. Lo ripeto: la lotta alla mafia non può essere messa sullo stesso piano dei writers.

L'impressione è che la "sicurezza" sia diventato il tema cruciale per chiunque voglia avere responsabilità di governo. Senza guardare troppo per il sottile, mettendo nel mucchio tutto e tutti. L'impressione è anche che il piddì abbia già avviato una specifica campagna elettorale sul tema. Ma non è troppo semplicistico?
Sono assolutamente d'accordo con chi dice che le mafie e la criminalità devono essere combattute in maniera più efficace. Così come penso che la microcriminalità di carattere aggressivo vada perseguita. Problemi che niente hanno a che vedere con fenomeni delle metropoli moderne come forme di espressione creativa e povertà. I poveri esistono perché non c'è un'adeguata politica per contrastare la povertà. I poveri cercano di sopravvivere. Criminalizzare i poveri non è solo un'idea di destra, è il contrario di quello che si deve fare e peggiora la situazione. Ghettizzare ancora di più chi non ha soldi rischia di mettere nelle mani della criminalità pezzi di società che vivono lavorando. Mi spiego: i lavavetri di Firenze dovranno pur mangiare, se non lavando i vetri in altri modi. Dividere criminali e questione sociale restringe automaticamente il numero dei criminali. Invece si fa l'opposto, allargando il numero delle persone potenzialmente incriminabili.

Il ministro Amato ha dichiarato guerra alla microcriminalità. Ma sono criminali anche i lavavetri e i writers?
L'insicurezza delle persone cresce più per la microcriminalità che per la grande criminalità. Con questa argomentazione Amato ha giustificato il fatto di aver messo sullo stesso piano mafiosi e lavavetri. In nome della legalità si affrontano tutti i temi dell'illegalità. E ciò che non è illegale come lavare i vetri lo rendiamo illegale. L'unico risultato che si ottiene è quello di aumentare il numero dei criminali.

Intanto dell'emergenza casa e della precarietà quasi nessuno parla più. E se qualcuno parla, la notizia finisce nelle brevi o in taglio basso. Molto basso.
L'insicurezza delle persone si rispecchia in un'enorme insicurezza sociale: il lavoro precario, i soldi che non bastano per arrivare a fine mese, la paura del domani, gli sfratti. Dentro la precarietà della vita cresce la crisi delle relazioni sociali. E allora le persone si sentono sole. La gente ha paura, si sente abbandonata. I mass media danno un volto all'insicurezza diffusa parlando di microcriminalità o di chi chiede l'elemosina. C'è stato un vero e proprio processo di costruzione del capro espiatorio, su cui la destra si è esercitata in lungo e in largo. Un messaggio che passa a livello sociale, cui oggi il Partito democratico dà una legittimità dal fronte dell'Unione. Così si attribuisce allo zingaro, all'immigrato, al drogato, al barbone la causa della propria insicurezza. Anche se questo non è vero.

Alcuni sociologi osservano, con amarezza, che a questo punto i nuovi nemici da combattere sono diventati i "poveri".
Eppure è dimostrato scientificamente che la percezione dell'insicurezza cresce anche dove diminuiscono i reati. Dire che sconfiggi l'insicurezza perseguitando il graffitaro e il parcheggiatore abusivo è una balla. L'insicurezza rimane perché ha altre cause. Costruendo una società su una logica di esclusione e non di inclusione la imbarbarisci.Metti in discussione la categoria della cittadinanza, individuando dei non cittadini e quindi apri la strada al populismo di destra nelle forme più clamorose.

Ci sono ricette politiche diverse per rendere più vivibili le città?
Dove ci sono aggressioni alle persone vanno represse, ma il grosso del lavoro deve essere la ricostruzione della sicurezza sociale: politiche per la casa, livelli di sostegno in modo da garantire redditi civili, lotta alla precarietà del lavoro, misure per gli anziani non autosufficienti. Insomma, politiche di inclusione. Faccio un esempio: nel comune di Pisa ci sono 6-700 rom stabili. Dodici anni fa solo due bambini andavano a scuola e tutti vivevano nei campi. Dopo un lungo lavoro, fatto dal comune e dall'assessorato alle politiche sociali, 470 persone sono andate ad abitare in case, tutti i bambini rom sono stati mandati a scuola e larga parte degli adulti, dei capi famiglia, ha trovato un impiego. Ovviamente tutto questo non ha fatto notizia. Spesa sociale significa non solo più risorse ma anche più capacità politica.

Sergio Cofferati si fa intervistare in tandem con il collega fiorentino Domenici e chiede poteri di polizia per i primi cittadini. Non stanno esagerando?
Quella di Cofferati forse è la sparata più grossa di questi giorni, neppure la destra era arrivata a tanto. Noi ci stiamo battendo per ottenere due provvedimenti distinti: uno che riguarda la criminalità in senso proprio e l'altro la vivibilità delle città. Nel primo si migliori la capacità investigativa e repressiva senza fare violenza alla Costituzione, il baricentro del secondo sia l'inclusione sociale.

La maggioranza dell'opinione pubblica mostra di gradire. Magari non vuole arrestare i lavavetri ma multarli sì. Ci risiamo con la sinistra popolata di anime belle che finisce a dover combattere da sola contro il senso comune del paese?
Penso che se la scelta fosse fra il provvedimento sui rom a Pisa o la persecuzione dei lavavetri a Firenze, vinceremo noi. La forza della campagna in corso è che l'alternativa non viene posta. E quindi bisogna portare avanti una battaglia, anche se oggi non incontra un'opinione pubblica maggioritaria. Una battaglia che coinvolge le forze della sinistra, del volontariato, dell'associazionismo, dalla Caritas all'Arci. Bisogna aprire un fronte nel Pd.


(Liberazione, 7 settembre 2007)

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