Mentre il governo prosegue imperterrito con la militarizzazione delle città, la schedatura dei rom e la guerra alle moschee, nel nord-est non si fermano le provocazioni neofasciste. Come nella città del sindaco Tosi, dove ora tocca alla comunità israelita cittadina subire deliranti minacce antisemite. Nel silenzio generale
Dopo l'omicidio Tommasoli, svastiche e scritte contro ebrei, rom e centri sociali. Il comune le fa sparire e nasconde tutto
Dopo l'omicidio Tommasoli, svastiche e scritte contro ebrei, rom e centri sociali. Il comune le fa sparire e nasconde tutto
Paola Bonatelli
Il Manifesto
Il Manifesto
VERONA
«Sporchi ebrei», «Ebrei luamari siete peggio della Chimica», «Chimica al forno, ebrei e rom come contorno» ma anche «Perini luamar» e «Perini morto». Luamari in dialetto veronese sta per letamai, La chimica è il centro sociale con sede abbattuta dall'amministrazione del leghista Flavio Tosi, Perini è il capogruppo del Pdci in consiglio comunale, riconfermato segretario del partito al congresso provinciale di domenica scorsa con ampia rilevanza sulla stampa cittadina. Il tutto scritto con bombolette di colore nero e arancio fluorescente sulle mura che circondano lo storico cimitero ebraico di Verona, in borgo Venezia, a pochi passi dalla Mondadori e due strade più in là dell'asilo comunale occupato dalla Chimica e raso al suolo dalle ruspe del Comune, come da promessa elettorale dell'attuale sindaco. Sul posto, avvisata dal custode ieri di prima mattina, è arrivata subito la Digos e poi la Scientifica. Il tempo necessario per avvisare la Comunità ebraica e per compiere i lavori di rilievo e poi, la mattina stessa, gli operatori dell'Amia, l'azienda municipalizzata locale, hanno cancellato lo sfregio. Nessun fotografo, né giornalista, nessuna telecamera a riprendere le scritte e le svastiche (disegnate al rovescio). Un tempismo eccezionale, se si pensa che, per le scritte antifasciste fatte durante la manifestazione del 17 maggio scorso, il sindaco chiese i danni agli organizzatori e poi disse che le avrebbe fatte cancellare a spese dell'amministrazione (ma molte sono ancora lì).
«Io le ho fotografate - dice il presidente della Comunità ebraica Carlo Rimini - ma è meglio che le abbiano cancellate, erano anche sgrammaticate e pasticciate, un imbrattamento molto esteso ma anche confuso. Noi non abbiamo sporto denuncia ma credo che la segnalazione sia fatta d'ufficio». Il dirigente della Digos Luciano Iaccarino conferma: «Abbiamo immediatamente segnalato l'accaduto alla Procura e anche a Roma, al Ministero. Non sono le scritte neonaziste classiche, quelle nere coi caratteri runici per intenderci, siamo di fronte a modalità nuove e le indagini sono ovviamente appena iniziate». Ma la notizia è circolata in fretta, anche perché molti cittadini del quartiere le hanno viste mentre si recavano al lavoro. Nel pomeriggio sono stati diffusi due comunicati, uno del rinato Comitato di quartiere e l'altro del Circolo Pink-glbt, che è, tra l'altro, tra gli organizzatori della manifestazione del 17 maggio per l'assassinio di Nicola Tommasoli, ammazzato da cinque giovanissimi ultras dell'Hellas con simpatie neofasciste. E se i due comunicati, oltre ad esprimere solidarietà agli «obiettivi» delle scritte, collegano l'accaduto da una parte al «clima di paura instaurato in città da alcuni professionisti della paranoia e della falsa sicurezza» (leggi Lega e soci), dall'altra al «ritorno alle pratiche naziste, alle ronde notturne, alle forme di pulizia etnica, alla caccia al diverso in una città che ha una giunta che legittima e finanzia gruppi integralisti e di estrema destra», il più preoccupato è sicuramente Graziano Perini. Il figlio Luca è stato picchiato due volte, lui è stato minacciato sia con scritte sui muri che per la strada, accusato di «rovinare l'immagine della città».
Il custode lavora al cimitero ebraico da venticinque anni e lo ama come un figlio. Ieri mattina ha pulito con la spazzola del trapano la svastica disegnata sulla stella di Davide fuori dal cancello del cimitero. Il luogo è in realtà un grande giardino, come quasi sempre i siti di sepoltura degli ebrei, che i Romani chiamavano "Horti judeorum": «Qui - racconta - ci sono anche tombe sette-ottocentesche che prima stavano in un'altra zona, più vicina alla città. Questo cimitero esiste dal 1856. Quando sono arrivato era semi-abbandonato, non si poteva nemmeno camminarci intorno. Negli ultimi vent'anni abbiamo subito vari sfregi ma mai di questa portata e con scritte di questo tenore, con parole in dialetto, simboli sbagliati ma soprattutto con l'accostamento tra gli ebrei, i rom e i centri sociali. Sembrano fatte da gente improvvisata ma, secondo me, dietro c'è qualcuno che soffia sul fuoco. Comunque è tutto molto triste perché la gente non ha più memoria», sospira, e tira fuori un suo scritto in cui ricorda quando, bambino, vedeva passare le tradotte per il fronte russo e dello choc subìto quando vide uscire dalla stazione di porta Vescovo i carri bestiame chiusi con le mani dei prigionieri aggrappate ai finestrini di sfiato, le urla che imploravano acqua e i soldati nazisti sui predellini dei vagoni. «Forse per questo era destino che finissi qui», conclude, chiudendo il cancello.
Sono le impronte raccolte lunedì a piazza Esquilino, a Roma,
nel banchetto organizzato dall'Arci. Ora tutte queste «macchie» d'inchiostro saranno inviate al ministro Maroni.
«Io le ho fotografate - dice il presidente della Comunità ebraica Carlo Rimini - ma è meglio che le abbiano cancellate, erano anche sgrammaticate e pasticciate, un imbrattamento molto esteso ma anche confuso. Noi non abbiamo sporto denuncia ma credo che la segnalazione sia fatta d'ufficio». Il dirigente della Digos Luciano Iaccarino conferma: «Abbiamo immediatamente segnalato l'accaduto alla Procura e anche a Roma, al Ministero. Non sono le scritte neonaziste classiche, quelle nere coi caratteri runici per intenderci, siamo di fronte a modalità nuove e le indagini sono ovviamente appena iniziate». Ma la notizia è circolata in fretta, anche perché molti cittadini del quartiere le hanno viste mentre si recavano al lavoro. Nel pomeriggio sono stati diffusi due comunicati, uno del rinato Comitato di quartiere e l'altro del Circolo Pink-glbt, che è, tra l'altro, tra gli organizzatori della manifestazione del 17 maggio per l'assassinio di Nicola Tommasoli, ammazzato da cinque giovanissimi ultras dell'Hellas con simpatie neofasciste. E se i due comunicati, oltre ad esprimere solidarietà agli «obiettivi» delle scritte, collegano l'accaduto da una parte al «clima di paura instaurato in città da alcuni professionisti della paranoia e della falsa sicurezza» (leggi Lega e soci), dall'altra al «ritorno alle pratiche naziste, alle ronde notturne, alle forme di pulizia etnica, alla caccia al diverso in una città che ha una giunta che legittima e finanzia gruppi integralisti e di estrema destra», il più preoccupato è sicuramente Graziano Perini. Il figlio Luca è stato picchiato due volte, lui è stato minacciato sia con scritte sui muri che per la strada, accusato di «rovinare l'immagine della città».
Il custode lavora al cimitero ebraico da venticinque anni e lo ama come un figlio. Ieri mattina ha pulito con la spazzola del trapano la svastica disegnata sulla stella di Davide fuori dal cancello del cimitero. Il luogo è in realtà un grande giardino, come quasi sempre i siti di sepoltura degli ebrei, che i Romani chiamavano "Horti judeorum": «Qui - racconta - ci sono anche tombe sette-ottocentesche che prima stavano in un'altra zona, più vicina alla città. Questo cimitero esiste dal 1856. Quando sono arrivato era semi-abbandonato, non si poteva nemmeno camminarci intorno. Negli ultimi vent'anni abbiamo subito vari sfregi ma mai di questa portata e con scritte di questo tenore, con parole in dialetto, simboli sbagliati ma soprattutto con l'accostamento tra gli ebrei, i rom e i centri sociali. Sembrano fatte da gente improvvisata ma, secondo me, dietro c'è qualcuno che soffia sul fuoco. Comunque è tutto molto triste perché la gente non ha più memoria», sospira, e tira fuori un suo scritto in cui ricorda quando, bambino, vedeva passare le tradotte per il fronte russo e dello choc subìto quando vide uscire dalla stazione di porta Vescovo i carri bestiame chiusi con le mani dei prigionieri aggrappate ai finestrini di sfiato, le urla che imploravano acqua e i soldati nazisti sui predellini dei vagoni. «Forse per questo era destino che finissi qui», conclude, chiudendo il cancello.
Sono le impronte raccolte lunedì a piazza Esquilino, a Roma,
nel banchetto organizzato dall'Arci. Ora tutte queste «macchie» d'inchiostro saranno inviate al ministro Maroni.




Nessun commento:
Posta un commento