L'operaio e l'imprenditore, il fruttivendolo e il suo cliente, il condannato e il prefetto, l'ambientalista e lo sviluppista. Veltroni tiene dentro tutti per la semplice ragione che un cittadino vale l'altro, una testa un voto. E' la nuova eguaglianza postideologica del Partito democratico. Il modello di sviluppo che presiede a questa logica è quello dato, e noi cittadini-elettori dobbiamo metterci in testa che non é di destra, né di sinistra, né di centro: è l'unico possibile.
Il massimo di democrazia auspicabile consiste nel tenere tutti sulla stessa barca, senza però mettere in discussione ruoli e poteri, uno al timone e gli altri ai remi. Una società, quella che Veltroni sta raccontando nel suo tour attraverso le 110 provincie italiane, tendenzialmente a-conflittuale. Per questo l'operaio e il suo padrone devono stare nella stessa lista e nello stesso partito, pur restando ognuno al suo posto. Il sogno non è superare la precarietà ma pagarla meglio. Privatizzazioni, sostegno alle imprese e una spruzzatina di welfare caritatevole. Poi, siccome persino Confindustria e Bankitalia dicono che in Italia c'è un problema salariale, ecco pronta la ricetta veltroniana: meno tasse per tutti. E tutti in coro a cantare l'Inno di Mameli perché nel cuore abbiamo il bene del «Paese», mica quello del partito.
L'operaio come il suo padrone e meno tasse per tutti. A parte il fatto che questa l'avevamo già sentita, ai sindacati dovrebbe creare un problema. Alla Cgil in particolare, che sostiene la battaglia per la redistribuzione della ricchezza che da almeno 15 anni si è spostata dal lavoro ai profitti e alle rendite. Ridurre le tasse a tutti equivale a perpetuare la diseguaglianza e, al tempo stesso, cancellerebbe un'altra fetta di stato sociale. La corsa verso l'America (gli Usa) continua. Al contrario, il sostegno ai redditi dei salariati e dei pensionati, oltre che rispondere ai problemi reali del paese, potrebbe essere realizzato utilizzando le risorse recuperate dalla lotta all'evasione fiscale, che il governo Prodi aveva appena - felicemente - iniziato.
Eppure «Epifani promuove la Veltronomics», stando al titolo che Repubblica dedica a un'intervista al segretario generale della Cgil. La motivazione della promozione? «Così il lavoro torna protagonista». Epifani vede «un'attenzione nelle proposte del Pd al tema del lavoro, dai precari alla questione dei redditi, che rappresenta un segnale positivo e interessante», perché «sette milioni di operai, e non so quanti precari, devono essere rappresentati in Parlamento». Ma siamo davvero di fronte a una rappresentanza sociale, e non invece a una rappresentazione poco più che virtuale? In particolare in un contesto in cui il decisionismo che sta alla base del progetto veltroniano riduce drasticamente il peso e il ruolo della rappresentanza istituzionale, dentro un percorso «riformista» che coerentemente prevede scelte bipartisan. Come bipartisan devono essere le riforme che regolano le relazioni sindacali e i rapporti tra le parti sociali e tra queste e il governo. Non a caso il più macroscopico tra i punti critici della piattaforma confederale per la riforma del sistema contrattuale riguarda proprio la rappresentanza, come in altri termini ricorda lo stesso Epifani.
La Cgil è troppo complessa, densa di storia e radicata nella realtà sociale per essere ridotta a stampella di un processo come quello che sta avviando Walter Veltroni. Il primo a rendersene conto sarà sicuramente Gugliemo Epifani, che non mancherà di precisare meglio il suo pensiero.
Loris Campetti da "il manifesto" 19/02/2008
mercoledì 20 febbraio 2008
Il progetto del Pd che piace a Epifani
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