da L'Arena 30/10/2007
La matricola del 2010 avrà forse vita più facile. E grazie al decreto firmato venerdì dal ministro Fabio Mussi si troverà di fronte un numero e una tipologia di corsi di laurea che ricorda più quelli tradizionali proposti ai suoi genitori che non quelli, numerosissimi e dai nomi impossibili, a disposizione delle matricole del 2007. Il decreto, che attua le linee guida già stabilite a luglio e prevede criteri quantitativi e qualitativi a cui uniformare l’offerta formativa universitaria, moltiplicatasi, secondo i detrattori della riforma, in maniera incontrollata a seguito dell’introduzione del "3+2", concede infatti tre anni di tempo agli atenei per adeguarsi, pena la cancellazione dei corsi fuori regola. E il dato allarmante è che, secondo un’inchiesta condotta dal Sole 24 Ore, ad oggi il 70% delle facoltà italiane sarebbe a rischio tagli a causa del numero troppo scarso di docenti impiegati, che dal 2010 dovranno essere quattro di ruolo per ogni anno del corso. Nella "lista nera" stilata dal quotidiano economico, anche cinque delle otto facoltà dell’ateneo scaligero che, stando ai dati, dovranno entro il 2010 lavorare su quantità e qualità dei corsi per non rischiare la chiusura di alcuni insegnamenti. Secondo la mappa dei corsi a rischio, stilata confrontando i docenti di ruolo e quelli richiesti dai parametri fissati dal ministero, a Verona è la facoltà di Medicina quella più in salute, con 305 docenti a fronte di 188; seguono Lingue e letterature straniere (82 contro 64 richiesti) e Scienze Motorie (25 docenti a fronte di 20). Deficit di insegnanti, invece, per tutte le altre facoltà: particolarmente grave appare, stando ai dati, la situazione a Giurisprudenza, dove sarebbero in 40 a spartirsi il lavoro di 84 persone e a Economia, dove lavorerebbero in 106 invece che 152, proporzione non dissimile da Lettere e filosofia (85 docenti invece di 120) e Scienze (75 effettivi su 104 richiesti). Disagi limitati, infine, a Scienze della formazione, dove sono impiegati 58 insegnanti su 60 che sarebbero necessari. Dati che, se confermati, risulterebbero poco confortanti per un ateneo in crescita come quello scaligero (sono 23mila gli iscritti), ma ancora piuttosto giovane per poter contare su un corpo docente, specie in alcune facoltà, già consolidato ed equilibrato. «Per il nostro ateneo non condivido i toni allarmistici prospettati dall’inchiesta del "Sole 24 Ore"», spiega Bettina Campedelli, prorettore dell’Università. «I dati, infatti, vanno considerati alla luce della modalità di analisi, di per sé non significativa perché giudica i corsi del vecchio ordinamento sulla base delle regole che prevede la futura riforma. Inoltre si basano sul numero dei docenti stabilito dalle tabelle ministeriali del 2006 (le ultime disponibili), rispetto alle quali il nostro organico, in continuo movimento perché tarato sulle esigenze a breve termine delle diverse facoltà, va aggiornato». E sulla base di questa rilettura, per esempio, risulterebbe già sanata la situazione di Scienze della formazione, con 66 docenti all’attivo. «Più che un puro dato quantitativo, ritengo invece che la differenza la facciano i criteri qualitativi», che misurano l’ampiezza dei settori disciplinari coperti dai professori (e dai ricercatori) di ruolo. «In questo senso a Verona stiamo lavorando con la programmazione, per arricchire l’ateneo rispetto al passato di competenze sempre nuove in didattica e ricerca». Sembra che il problema dell’eccessiva proliferazione dei corsi, insomma, non stia di casa a Verona. «Periodicamente attuiamo già un’autoregolamentazione dei corsi nati da poco sulla base, per esempio, della percentuale di impiego dei laureati», conclude Campedelli, «e non è detto che tutti passino l’esame: recentemente ne abbiamo chiusi due di carattere economico. Perché per noi contano la qualità e i servizi forniti agli studenti».E.P.
martedì 30 ottobre 2007
E Mussi mette in riga le facoltà
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