da il Manifesto 10/10/2007
Emanuele Giordana* E' l'ombra inquietante dell'esplosione alla Simmel di Colleferro, alle porte della capitale, e quella dei danni dell'uranio impoverito a fare da cornice all'incontro tra la Tavola della pace e il ministro della Difesa Arturo Parisi. Incontro richiesto (e ottenuto per ieri pomeriggio) alla vigilia della Perugia-Assisi e in cui la delegazione, capeggiata da Flavio Lotti e Grazia Bellini, non ha fatto sconti al ministro in fatto di spese della Difesa e su una politica militare dell'Italia che, dalle basi nel Belpaese alla guerra in Afghanistan, resta piena di interrogativi.
«Il ministro però si è detto disponibile a un confronto sui temi della nostra agenda», spiega Flavio Lotti all'uscita dall'incontro. «Un'attenzione importante, anche se credo di poter dire che in gran parte questo si deve all'effetto della Perugia-Assisi. Abbiamo trovato un uomo poco ideologico e consapevole delle sue responsabilità politiche. E forse anche delle gravi difficoltà di alcuni scenari, come quello afgano su cui abbiamo molto insistito». Per ora un nuovo appuntamento ancora non c'è ma, dice Lotti, dall'incontro «esce rafforzata l'idea che dobbiamo insistere sui temi al centro della marcia, come la riduzione del gap tra spesa militare e aiuto alla ricostruzione o riformulazione della missione. Nonché sull'intera agenda della Difesa italiana».
Fa parte della delegazione anche Tonio Dall'Olio di Libera, l'associazione contro le mafie che tanta parte ha avuto durante la Perugia-Assisi. Dall'Olio è tra i fondatori della Tavola e c'è il tempo, a due giorni dalla marcia umbra, di fare un primo bilancio. I numeri innanzi tutto, che nessuno si aspettava. «La marcia è un animale strano - dice - ma anche il frutto di un lavoro distribuito nell'anno e che non per forza si lega a un evento particolare». Molte le scuole dove si è lavorato sul tema della pace e la sola Agesci, l'associazione nazionale scout, ne ha portati 8mila di marciatori. Ma 200mila resta comunque un bel numero, «fatto - aggiunge - dalla gente che si autorganizza. Questa è una manifestazione che ormai un colore non ce l'ha. Ha semmai il colore che preferisco, quello dell'autonomia della società civile che chiede un incontro leale con la politica». Una risposta al «grillismo»? Dall'Olio risponde in maniera indiretta: «Direi che forse anziché continuare a parlare di crisi della politica si dovrebbe capire che c'è sete di politica. Ci saranno state le stesse persone del V-day? In parte forse, ma non sono due momenti che si identificano, anche se in entrambi c'è il desiderio di contestare».
Dall'Olio fa notare che l'adesione è riuscita ad andare oltre quella che («tutti i diritti per tutti») poteva sembrare solo una dichiarazione di principio. Dov'è il segreto? «Nel lavoro dell'Onu dei popoli e della settimana per la pace che prepara la marcia. Succede che gli enti locali - la loro partecipazione è l'altra grande chiave di volta della marcia - "adottano" un popolo. Lo fanno venire nelle città, nelle scuole e la gente identifica un problema, un diritto con un volto. Vedi che quel bisogno di diritti è una voce, la faccia, il racconto, la storia personale di una persona. E questo, credo, fa da traino al desiderio di aderire. Dà gambe insomma al progetto della marcia».
E le mafie? Il tema è stato trattato ampiamente nella marcia che viene percepita di solito come un desiderio di pace fuori dai confini: Libano, Afghanistan, Birmania: «E' stata una scelta strategica - dice Dall'Olio - perché pace vuol anche dire politiche sociali, legalità e sicurezza - declinata in altro modo di come viene fatto di questi tempi. Potremmo parlare di pace nel mondo ignorando che abbiamo da secoli una guerra in casa?». Pensa che la marcia farà da traino alla manifestazione del 20 ottobre? «Nell'ultimo appello di Polo, Sansonetti e Sullo il riferimento era esplicito. Si diceva che l'appuntamento del 20 passava anche dalla Perugia-Assisi». Vedremo quanta strada farà fare anche a quelle gambe.
* Lettera22
«Il ministro però si è detto disponibile a un confronto sui temi della nostra agenda», spiega Flavio Lotti all'uscita dall'incontro. «Un'attenzione importante, anche se credo di poter dire che in gran parte questo si deve all'effetto della Perugia-Assisi. Abbiamo trovato un uomo poco ideologico e consapevole delle sue responsabilità politiche. E forse anche delle gravi difficoltà di alcuni scenari, come quello afgano su cui abbiamo molto insistito». Per ora un nuovo appuntamento ancora non c'è ma, dice Lotti, dall'incontro «esce rafforzata l'idea che dobbiamo insistere sui temi al centro della marcia, come la riduzione del gap tra spesa militare e aiuto alla ricostruzione o riformulazione della missione. Nonché sull'intera agenda della Difesa italiana».
Fa parte della delegazione anche Tonio Dall'Olio di Libera, l'associazione contro le mafie che tanta parte ha avuto durante la Perugia-Assisi. Dall'Olio è tra i fondatori della Tavola e c'è il tempo, a due giorni dalla marcia umbra, di fare un primo bilancio. I numeri innanzi tutto, che nessuno si aspettava. «La marcia è un animale strano - dice - ma anche il frutto di un lavoro distribuito nell'anno e che non per forza si lega a un evento particolare». Molte le scuole dove si è lavorato sul tema della pace e la sola Agesci, l'associazione nazionale scout, ne ha portati 8mila di marciatori. Ma 200mila resta comunque un bel numero, «fatto - aggiunge - dalla gente che si autorganizza. Questa è una manifestazione che ormai un colore non ce l'ha. Ha semmai il colore che preferisco, quello dell'autonomia della società civile che chiede un incontro leale con la politica». Una risposta al «grillismo»? Dall'Olio risponde in maniera indiretta: «Direi che forse anziché continuare a parlare di crisi della politica si dovrebbe capire che c'è sete di politica. Ci saranno state le stesse persone del V-day? In parte forse, ma non sono due momenti che si identificano, anche se in entrambi c'è il desiderio di contestare».
Dall'Olio fa notare che l'adesione è riuscita ad andare oltre quella che («tutti i diritti per tutti») poteva sembrare solo una dichiarazione di principio. Dov'è il segreto? «Nel lavoro dell'Onu dei popoli e della settimana per la pace che prepara la marcia. Succede che gli enti locali - la loro partecipazione è l'altra grande chiave di volta della marcia - "adottano" un popolo. Lo fanno venire nelle città, nelle scuole e la gente identifica un problema, un diritto con un volto. Vedi che quel bisogno di diritti è una voce, la faccia, il racconto, la storia personale di una persona. E questo, credo, fa da traino al desiderio di aderire. Dà gambe insomma al progetto della marcia».
E le mafie? Il tema è stato trattato ampiamente nella marcia che viene percepita di solito come un desiderio di pace fuori dai confini: Libano, Afghanistan, Birmania: «E' stata una scelta strategica - dice Dall'Olio - perché pace vuol anche dire politiche sociali, legalità e sicurezza - declinata in altro modo di come viene fatto di questi tempi. Potremmo parlare di pace nel mondo ignorando che abbiamo da secoli una guerra in casa?». Pensa che la marcia farà da traino alla manifestazione del 20 ottobre? «Nell'ultimo appello di Polo, Sansonetti e Sullo il riferimento era esplicito. Si diceva che l'appuntamento del 20 passava anche dalla Perugia-Assisi». Vedremo quanta strada farà fare anche a quelle gambe.
* Lettera22
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